27 febbraio 2006

TECNOLOGIA. DONNE PIU' ATTENTE



In base a un sondaggio condotto su circa 2mila 500 persone, ... la tecnologia, soprattutto quella di ultima generazione, fa breccia nel cuore delle donne diventate sempre piu' esigenti e attente alle novita' immesse sul mercato.
A sostenerlo e' Intel, la prima produttrice di microchip al mondo, la quale ha commissionato alla Harris Interactive una ricerca sulle attitudini maschili e femminili rispetto alla tecnologia.
In base a quanto emerso dallo studio - condotto su 2.545 persone - il fossato che sembrava dividere uomini e donne nel loro rapporto con gli oggetti elettronici non esiste piu', colmato da un interesse crescente e, a quanto pare piu' attento, da parte delle donne, soprattutto quelle piu' giovani.
Secondo i numeri snocciolati da Harris Interactive, il 50% delle donne e' disposto a mettere mano al portafoglio per acquistare un computer portatile - solo il 43% degli uomini, invece, pensa di comprare un laptop come prossimo elaboratore - mentre' e' il 58% delle donne, contro il 56% degli uomini, a sentirsi ''perso'' se non riesce a consultare la propria posta elettronica almeno una volta al giorno.
Vantaggio delle donne anche sull'utilizzo delle tecnologie piu' avanzate: il 39% di loro ritiene fondamentale possedere un pc con accesso a Internet senza fili (wi-fi), solo il 29% dei maschi lo ritiene prioritario. Sostanziale parita' (51% maschi, 48% donne) sul luogo dove un accesso alla rete senza fili e' visto come fondamentale: l'aeroporto.

23 febbraio 2006

RAI. Le giornaliste vogliono le quote rosa

da il Giornale.it

Buone per essere inviate di guerra, ma sempre escluse da incarichi di direzione, le giornaliste della Rai vogliono quote rosa nelle nomine. Un appello, corredato da centinaia di firme, dai nomi notissimi dei tre Tg alle redattrici sconosciute al grande pubblico delle sedi periferiche, di Televideo o di Rainews, è stato indirizzato al presidente Petruccioli, al direttore generale Meocci, al Consiglio d’amministrazione e alla commissione parlamentare di vigilanza. «Pensiamo sia giunto il momento di sollevare la questione della parità sui luoghi di lavoro. A partire dal nostro lavoro, quello di giornaliste, e dalla nostra azienda, la Rai. Una sola occhiata agli organigrammi dei telegiornali e radiogiornali rende evidente una disparità divenuta insopportabile. Certo, in questi anni abbiamo guadagnato posizioni: possiamo occuparci tanto di cronaca quanto di politica, possiamo condurre un giornale, coordinarlo o essere inviate in mezzo alle guerre. Ma la carriera si ferma qui. I numeri parlano chiaro: tranne pochissime eccezioni le donne non riescono a raggiungere il livello di dirigente, qualsiasi sia l'anzianità o l'esperienza di lavoro. I capi, insomma, sono uomini. Che non sia in atto alcuna inversione di tendenza lo dimostra la composizione dell'ultimo pacchetto di nomine per le sedi di corrispondenza all'estero. Facile indovinare quante siano le donne. Nessuna. Ovviamente tale disparità di trattamento si traduce in una sperequazione retributiva, sulla quale sarebbe auspicabile una maggiore attenzione anche da parte del sindacato dei giornalisti. A questo punto, ci piaccia o meno, l'introduzione delle quote rosa nella struttura dirigente delle nostre testate resta l'unico modo per sanare una situazione palesemente iniqua. A chi considera le quote rosa una misura persino umiliante, rispondiamo che siamo pienamente consapevoli dei limiti di questo strumento: ne faremmo volentieri a meno, se le promozioni fossero assegnate per meriti. Ma una discriminazione tanto clamorosa all'interno di una grande azienda europea dovrebbe essere ancor più grande motivo di scandalo per tutti i suoi dipendenti, uomini e donne».«Chiediamo pertanto al Consiglio di amministrazione -conclude il documento- di intervenire per cancellare questa macroscopica anomalia e riportare all'equilibrio la composizione dei vertici giornalistici dell'azienda, e alla Commissione parlamentare di vigilanza di garantire il rispetto dell'art. 51 della Costituzione».

21 febbraio 2006

UN APPELLO

Ci giunge un documento per un'iniziativa delle donne contro la legge sul proporzionale. Ne pubblichiamo alcuni stralci. Il testo integrale lo si può leggere sul sito della Casa internazionale delle donne . L'adesione può essere inviata a ciddonne@tiscali.it o a udinazionale@tin.it



La reintroduzione improvvisa e senza “pensiero aggiunto”, a puro scopo di potere e di distruzione dell’altro, di una legge elettorale proporzionale per giunta corredata di norme che limitano più che nel passato ogni possibilità di voto di preferenza sta devastando ogni spazio di autenticità politica.......

In questo quadro, davvero nebbioso, si colloca ora la lotta di tante donne perché cada il muro dell’esclusione dalla piena responsabilità politica: una lotta non certo invisibile, dato che ha saputo riempire le piazze e dirigere anche tanti uomini verso un’affermazione di laicità e di modernità nelle questioni più intime e perciò più radicali della vita.........

Avevamo chiesto la parità tra eletti ed elette, come shock indispensabile a un paese addormentato e regredito. Poi abbiamo chiesto donne in testa a tutte le liste. Non era una rivendicazione di parte e nemmeno una fiammata estremista volta a stupire: era la percezione che non ci fosse altra strada per ridare vita all’organizzarsi e all’associarsi della vita politica.....

Offriamo la nostra vicinanza alle donne che si battono per ideali simili ai nostri, che si rivolgono anche alle donne, che intendono praticare la rappresentanza democratica per promuovere altre rappresentanze democratiche di donne, altra partecipazione di donne, una moltiplicazione di figure femminili capaci di politica ......

Prime firmatarie:
Lidia Campagnano, Pina Nuzzo, Maddalena Rufo, Francesca Koch,Laura Ferrari Ruffino, Caterina Banella, Paola Kogoi, Bianca Pomeranzi, Edda Billi, Patrizia Politelli, Maria Gabriella Guidetti, Carmela Ariosto, Annalisa Marino, Zanette Chiarotto, Rosina Giangrande, Monica Storini, Lucilla Ciambotti, Marilla Baccassino, Laura Piretti, Liviana Zagagnoni, Paola Castagnotto. Antonella Pompilio, Milena Carone, Claudia Mattia, Cecilia Casula, Silvana Casellato , Antonella Petricone

20 febbraio 2006

QUOTE ROSA ...MA ROSA

  • Il primo gennaio in Norvegia,è' entrata in vigore una legge che obbliga le societa' ad avere almeno il 40% di donne nei consigli di amministrazione.
  • Le aziende avranno due anni di tempo per adeguarsi, dopodiche' partiranno le sanzioni. In caso di continua inadempienza è prevista la chiusura automatica della societa'.
  • Secondo il "Monitoraggio europeo donne consigliere di amministrazione", condotto dall'European professional Women's Network, i paesi scandinavi sono ai primi posti quanto a presenze femminili nei cda.
  • La Norvegia è prima con il 22%, segue la Svezia (20%) e la Finlandia (14%).
  • In Italia la presenza femminile nei cda è di 2 donne ogni 100 membri ahahahahahahahahahah

QUOTE E GAMBERI ROSA

Zakia Meghji, ministro della finanza

Asha-Rose Migiro, neo ministro, per gli affari esteri e la cooperazione internazionale

In Tanzania nel nuovo governo, 5 dicasteri (Esteri, Finanze, Giustizia, Educazione, Sviluppo comunitario questioni femminili e infanzia) sono diretti da donne(Fonte: misna.org)

In Italia le donne ministro sono 2 (Istruzione, Pari opportunita').

Dal 1994 il numero delle donne nel parlamento italiano e' calato del 6%.

In Austria, che ha un governo conservatore, la presenza femminile in politica arriva al 34%.

In Italia eravamo al 10%, l'ultimo governo e' sceso al 7,6%.(Fonte: Internazionale)


NEWS. DONNE E PARLAMENTI. CLASSIFICA

In testa alla classifica mondiale dei parlamenti con maggior presenza femminile c'e' un paese africano, il Rwanda.
Un altro paese africano, il Mozambico, e' al nono posto con circa il 35% di presenza femminile in parlamento.
Un terzo dei rappresentanti politici del Sudafrica e' di sesso femminile, il Burundi ha il 30% di deputate e il 32% di senatrici. In tutto sono 24 le nazioni africane che hanno introdotto le cosiddette "quote rosa" nella politica.
Altri Paesi, tra cui il Burkina Faso e il Senegal, non hanno in vigore leggi sulle quote rosa ma invitano i partiti a candidare donne per almeno il 50% del totale. In Liberia una donna e' diventata Presidente.
Quella africana e' una lezione di democrazia e parita' data agli Stati Uniti (al sessantasettesimo posto nella classifica, col 15% di donne in Parlamento) e all'Europa (19%). In Europa fanno eccezione solo i paesi scandinavi. (Fonte: Misna.org)


BOCCHE CUCITE

Rapporto Censis sul giornalismo italiano. Dei 301 redattori intervistati, alla domanda 'Le capita di non riuscire a raccontare i fatti osservati/accaduti perche' condizionato da qualcuno?' Il 50% ha risposto 'si''. (Fonte: Ansa)

18 febbraio 2006

SIAMO TUTTE STUPRATE



Si, ci sentiamo così….. dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di un uomo che ha violentato una ragazzina di 14 anni, perchè in caso di non illibatezza, lo stupro è meno grave. E’ una sentenza agghiacciante che ci ferisce nel cuore, nei nostri sentimenti di donne, di madri, di sorelle.

Quale mostruoso senso della vita fa dire a delle toghe, in questo caso veramente nere, che se una donna non è vergine .. il suo valore e’ dimezzato? Come possono prendere in considerazione l’imene di una ragazzina e non la sua sofferenza? Il degrado dell’ambiente in cui ha vissuto, la concupiscenza di uomini senza scrupoli che l'hanno usata quando ancora era bambina, uomini che avrebbero dovuto proteggerla, e invece come animali hanno sfogato su di lei i loro istinti? Oppure il senso di abbandono e di vuoto che deve aver provato di fronte all’incapacità della madre a difenderla?

E’ il trionfo dell’oscurantismo. E’ come risvegliarsi nell'incubo di una nuova Inquisizione. LA VIOLENZA SESSUALE E' MENO GRAVE SE COMMESSA SU UNA DONNA CHE HA GIA' AVUTO ESPERIENZE SESSUALI. E se fosse stata commessa a danno di “un'illibata”, saremmo davanti al caso di violenza sessuale di serie A? Per non parlare dello stupro di una donna non vergine, maggiorenne…. magari con gonna (ricordate…..?)

Ecco perché, …non è più rinviabile un’autocrita dell’informazione al femminile. E noi giornaliste del Servizio Pubblico dobbiamo essere in prima linea perchè dobbiamo rendere al pubblico un servizio nel senso piu' ampio della parola. Metterci dalla sua parte perche' paga un canone per conoscere la verita', e paga un canone anche per chi non ha gli strumenti per far sentire la propria voce, anche se sono tanti. Un esempio: sabato a Napoli hanno manifestato migliaia di donne in difesa della legge sull'interruzione volontaria della gravidanza. Altre migliaia hanno sfilato a Roma…..i media sembra che non se ne siano accorti.

NON LASCIAMO A GIORNALISTI, GIUDICI, POLITICI, PRETI, ECC. ECC. .... DI SCRIVERE LA NOSTRA STORIA, IL CODICE DEI NOSTRI DIRITTI