22 ottobre 2006

IN IRAQ SEGUACI DI AL QAIDA LAPIDANO UNA GIOVANE DONNA


dall' Ansa

Una giovane irachena di 22 anni e' stata condannata a morte e poi lapidata dai seguaci di Al Qaida sulla pubblica piazza nella cittadina di Al-Qaim al confine con la Siria. Si hanno pochi particolari dell'esecuzione, vi riecheggiano comunque le crudeli sofferenze cui i Taleban sottoponevano le donne in Afghanistan. Ma la mortale tortura con il lancio di pietre e' tuttora praticata in diversi Paesi dove vige la sharia, la legge che parte dei religiosi islamici dicono ispirata dal Corano, ma che il Corano non contiene. E' una legge di uomini che sfruttano l'ignoranza religiosa della gente per imporre il loro potere con la paura e la violenza e che attribuiscono a Dio l'orrore e la crudelta' che sgorga solo dai loro cuori.

Ecco una breve descrizione delle esecuzioni con la lapidazione.

Gli adulteri devono essere colti in flagrante e il reato deve essere suffragato dalla testimonianza di quattro uomini, una prova quasi impossibile da acquisire. Per ogni testimone di sesso maschile mancante serve la deposizione sotto giuramento di due donne, in quanto in molti Paesi islamici la testimonianza di una donna in tribunale vale la meta' di quella di un uomo.

Le esecuzioni avvengono generalmente in pubblico. Le pietre non devono essere ne' troppo grandi, per evitare una morte troppo rapida, ne' troppo piccole, per non prolungare eccessivamente la tortura. Tra i carnefici vi sono generalmente
un magistrato e i rappresentanti della parte lesa, anche donne.

Tra un lancio di pietre e l'altro devono essere recitati versetti coranici. I condannati vengono sepolti nella terra o nella sabbia ricoperta di pietre, gli uomini fino alla cintola e le donne fino alle ascelle. Se riescono a divincolarsi e a
fuggire, devono essere graziati e tornare a piede libero.

Le diverse modalita' penalizzano tuttavia le donne, che difficilmente riescono a liberarsi con il corpo quasi completamente conficcato nella terra.

Sempre nell'ovest dell'Iraq, i seguaci iracheni di Al Qaida - raccolti nel Consiglio dei Mujaheddin - hanno distribuito volantini vicino alle moschee e alle scuole della cittadina di Hit (a 260 km. da Baghdad) in cui hanno intimato alle ragazze dai 14 anni in su di non frequentare le scuole. Nei volantini, il braccio iracheno di Al Qaida ha inoltre vietato l'istruzione mista nelle scuole di ogni grado e ha minacciato di morte chiunque violera' il divieto.

DARE VOCE ALLE TANTE NOTIZIE DIMENTICATE







di Iva Testa

E' certamente importante che il TG1 affronti finalmente in modo autorevole uno dei tanti problemi nascosti dai media, come quello della violenza sessuale.
Il TG1 dovrebbe essere il telegiornale più completo, esatto nel fornire le notizie, impeccabile nell'impaginazione, attento al montaggio dei servizi.....perchè corrisponde, o almeno dovrebbe , al Corriere della Sera.

L'informazione, scritta o, televisiva, radiofonica, satellitare, nella RAI purtroppo attraversa momenti difficili..

Sono molti i colleghi che cercano di lavorare con automia e professionalità, ma si scontrano com i mille ostacoli frapposti non solo da interferenze improprie, ma anche con i cosiddetti " compagni di banco " che spesso fanno riferimento a soggetti impropri.

Credo che il segnale del TG1 sia importante ma spero che non sia l'unico....
Noi che crediamo ancora nel mestiere antico e moderno del giornalista lavoriamo e continueremo a lavorare come abbiamo sempre fatto...nella speranza che anche la nostra Azienda possa dare voce non solo alle notizie di prima pagina ma anche alle tante dimenticate...

16 ottobre 2006

IL TG1 E LA VIOLENZA SULLE DONNE

di Grazia Gaspari

Per la prima volta il piu’ autorevole telegiornale della Rai, il TG1, scende in campo per prendere apertamente posizione contro la violenza sulle donne. Ed e’ la prima volta che lo fa, affidando il commento ad una conduttrice Maria Luisa Busi che cosi’ diventa parte integrante del contenuto della comunicazione e non solo semplice strumento.

Ho inviato queste breve scritto, anche a nome del nostro Coordinamento di giornaliste Rai, al Direttore del TG1, Gianni Riotta per ringraziarlo per la presa di posizione esplicita del telegiornale che dirige. E' estremamente importante che si scenda in campo e si faccia sentire a tutti quanto sia orribile, brutale e odiosa la violenza in particolare quella verso i soggetti piuà deboli!!!

Secondo una recente indagine del Consiglio d’Europa, la violenza contro le donne, in particolare quella domestica, commessa dal marito, fidanzato o padre è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni, ancora prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra. Secondo un altro studio basato su 50 ricerche svolte in tutto il mondo, almeno una donna su tre nella vita, è stata picchiata, costretta a rapporti sessuali o ha subito altri tipi di abuso.

Nel nostro Blog del 16 settembre, abbiamo pubblicato con il titolo "LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE CI RIGUARDA, PRENDIAMO LA PAROLA COME UOMINI" un appello con le firme di numerosi uomini provenienti dai più disparati percorsi politici, culturali, religiosi, sessuali, che hanno deciso di reagire in qualche modo ai terribili fatti di violenza alle donne che le cronache hanno riportato alla nostra attenzione negli ultimi mesi. Alcuni vengono da esperienze politiche tradizionali, altri vengono da movimenti studenteschi, pacifisti e ambientalisti, altri ancora hanno cominciato a riflettere su questi temi a partire da relazioni affettive o di amicizia o da scambi con il movimento delle donne, ecc.

Certo si tratta di iniziative ancora limitate, ma una presenza maschile contro la violenza degli uomini assume un importante valore simbolico. Come assume un importante valore simbolico e non solo, la presa di posizione del TG1. E’ quella che amo definire l’etica dei piccoli atti perche' ci costringe a ripensare in modo piu' profondo e operativo alla nozione di solidarieta' e di tolleranza, di diritti e di doveri.

09 ottobre 2006

LA RIFORMA CHE SOGNIAMO, IL SINDACATO CHE VOGLIAMO


Riceviamo questo Manifesto - Appello firmato da 46 colleghi Rai che verra' prensentato al Congresso di Montesilvano e che volentieri pubblichiamo








Nel mondo della comunicazione che cambia vogliamo un Servizio Pubblico radiotelevisivo forte, propulsivo, multimediale, che abbia come missione il primato , soprattutto nell’informazione e nei nuovi linguaggi. Che sia per questo prevalentemente finanziato con un canone.

Un Servizio Pubblico senza guinzagli, dove i partiti si allontanino dalla gestione diretta, le professionalità siano riconoscibili, donne e uomini possano sempre sentirsi a casa loro, come professionisti e come utenti. Un Servizio Pubblico senza discriminazioni di sesso come ci chiede l’Art. 51 della Costituzione

Un Servizio Pubblico a forte vocazione europea e internazionale, che interpreti la propria missione nazionale come volano per dare al paese il senso di una modernità non subalterna . Che produca innovazione:
* nel modo di fare radio e televisione.
* nel modo di stare nella rete,
*come generare contenuti e competenze.

Un Servizio Pubblico che non avverta il cambiamento come un tributo e il futuro come una minaccia.

Un Servizio Pubblico dove un’informazione ramificata, innovativa e autorevole sia un valore fondante, riconosciuto da una comunità che voglia vivere a pieno titolo nella società della conoscenza.

Il Servizio Pubblico che sogniamo non potrà esistere senza una nuova cultura dell’informazione. Senza che i giornalisti Rai siano professionisti - protagonisti del cambiamento. Per questo vogliamo:
- un sindacato forte, progettuale, aperto.
- un sindacato che costruisca il suo congresso come volano culturale per tutta l’azienda
- un congresso che elabori, discuta e punti su un vero salto di qualità. Che su questo incalzi la politica, il governo del paese per una reale riforma del sistema.

Sappiamo quanto forti possano essere le resistenze al processo riformatore. Con fermezza dobbiamo superarle, tutte. Che vengano da noi, dalla nostra stessa difficoltà ad accettare i cambiamenti, che vengano dalla politica restìa a lasciare un campo che da sempre considera proprio.

A queste pur comprensibili resistenze, opponiamo un solido argomento:
“Accettare i cambiamenti vuol dire regalarsi un futuro”.

ALCUNE RIFLESSIONI SUL NOSTRO CONGRESSO


Si apre martedi a Montesilvano (Pescara) il decimo Congresso dell'Unione Sindacale Gornalisti Rai, dal titolo "Piu' servizio, piu' pubblico". Ogni congresso e' importante, ma questo lo e' in particolare per la fase di transizione che il paese, il mondo dell'editoria e l'azienda attraversano. Non solo, all'orizzonte, l'innovazione tecnologica rischia di travolgere strutture e professionalita' non preparate ad affrontare il "nuovo" e i "nuovi" soggetti emergenti, tra cui le donne.





di Iva Testa (Gr Parlamento)


Innanzitutto bisogna considerare la situazione del sindacato dei giornalisti.
La FNSI è alle prese con una trattativa molto difficile per il rinnovo del contratto nazionale, visto che la FIEG, al cui tavolo siedono anche gli editori RAI, vorrebbe mantenere il vecchio contratto e puntare sugli integrativi.
Questo danneggerebbe inevitabilmente i tanti giornali deboli, per non parlare dei numerosi colleghi che lavorano con contratti a tempo determinato.
Veniamo alla RAI, l' Azienda versa in una situazione confusionale. Le risorse, ad esempio, sono destinate soprattutto alle reti e non all'informazione che un tempo era considerato il cor business. Sono altrettanto bassi gli investimenti a favore delle nuove tecnologie. Pensiamo al satellite. La concorrenza di SKY è spietata, e Rainews24 dovrebbe avere maggiori investimenti.
Per non parlare dei TG che ancora usano il montaggio in elettronico, o della radio, con un digitale obsoleto.
Forse tutto ciò deriva dall'intreccio storico e perverso tra la politica e il management della RAI.
Allora qual'è il ruolo del sindacato del giornalisti della RAI?
Quello di garantire il rispetto delle regole contrattuali, di essere la casa di tutti quelli che lavorano con autonomia e non legati agli sponsor.. C'è una evidente penalizzazione per i giornalisti liberi, le carriere sono bloccate, soprattutto per le donne.