11 dicembre 2006

In ricordo di JANIE NEMATI ELAHI

di Grazia Gaspari


Ricorre oggi il centenario della nascita di Malek Jan Nemati Elahi, una donna del tutto particolare, che ho conosciuto anni fa e che voglio ricordare in questo piccolo Blog perche’ nessuno meglio di lei lo illumina e lo onora. Una donna vissuta in un’altra epoca, ma che difese con coraggio, nonostante l’ambiente totalmente sfavorevole, i diritti della persona, in particolare della donna.


Malek Jan Nemati Elahi, soprannominata affettuosamente Janie, nacque l’11 dicembre del 1906 a Jeyhounabad, un villaggio del Kurdistan iraniano. La conobbi per quelle strane circostanze cui ci porta il nostro lavoro di giornaliste. Su di lei scrissi un articolo nel luglio del 1993 per il Manifesto, che oggi ripubblico sostanzialmente tale e quale.


Janie mi riporta ad Alessandra De Stefano, bravissima collega, donna intelligente e senbile, coraggiosa e ingenuamente “fuori dai giochi” che senza alcuna protezione familiare (e’ orfana) o politica, tenta di far valere il proprio diritto a vivere con il marito e la figlia.


L’insensibilita’, l’ottusita’ delle istituzioni spinge spesso le persone all’esasperazione (non dimentichiamo il tentativo di un padre di darsi fuoco davanti alle telecamere a TG2 – 10 minuti). Se le persone che le dirigono potessero vedere il male che arrecano al prossimo e come questo male, poi, ritornera’ su di loro, cambierebbero totalmente atteggiamento.


Per questo dedico il ricordo di Malek Jan Nemati ad Alessandra.





SHEYKH. “SANTA” E CIECA CON MIGLIAIA DI PROSELITI
La scomparsa della curda Sheykh narrata da vicino.
L’amore per la poesia e la musica
e il suo pensiero religioso



E' scomparsa recentemente a Parigi, al­l'età di 87 anni, Jani Nemati Elahi, cono­sciuta sotto il nome di Hazrate Sheykh. Molti sostengono che fosse una santa. Altri una sapiente. Certo, non era una persona comune. Oltre ad essere una straordinaria musicista (suonava al­la perfezione diversi strumenti) e a possedere una vasta cultura che spaziava dalla letteratura alla scienza (ogni giorno, tra l'altro, si faceva leggere il giornale per essere informata su quanto accadeva nel mondo) , aveva un tale spessore umano e una tale profondità spirituale dal lasciare sorpreso chiunque l’avvicinasse.

Nonostante le sue doti, evidenti, e il grande seguito di per­sone. Jani Nemati Elahi non volle mai mettersi in mostra. Vestiva sempre di bianco, abiti semplici senza ornamenti, e in testa, sopra la sua lunga treccia di capelli neri, una cuffia an­ch'essa bianca. La sua bellezza fisica era rafforzata tuttavia da quel tipo di luce che attingendo a sconosciute profondità dell'essere, irradia la persona dall'inter­no.

La conobbi alcuni anni prima. Nonostante l'età era ancora molto bella. Soprattutto era il contrario, l'antitesi, di tutto ciò che è im­perante sul grande palcoscenico del mondo: successo, ricchezza, afferma­zione, esibizione, avidità, aggressività e così via. Lei era l’anti per eccellenza All’età di vent'anni perse la vista e fu costretta ad una sofferenza e ad una minorazione molto dure. Ma a chi le domandava se desiderasse riacquistare la vista, rispon­deva: «Che Dio mi guardi, non cambie­rei nulla di quello che ho ottenuto!». Infatti, a chi le era particolarmente vicino, raccontava di ciò che vedeva e di ciò che sentiva dell'altra dimensione, e qualche volta lasciava che lo raccontas­se a tutti. Non era un racconto per esibire poteri sovrannaturali, era piuttosto un racconto consolatorio e di incita­mento. Come una madre affettuosa, cercava di far capire che la vera realtà dell'essere non è in questa limitata, an­gusta dimensione, ma che ben altri mondi sono a disposizione dell'uomo. Primo fra tutti, quello della propria per­fezione.

Janie, come ho detto, nacque in un villaggio curdo ad ovest dell'Iran. Suo padre, ultimo discendente di una dinastia di mistici, piccolo proprietario terriero, stimato per la sua integrita’ morale, si consacro’ sostanzialmente alla propria famiglia e alla vita spirituale. Da suo pa­dre, Janie apprese la musica e l'amore per la poesia. Sin da bambina fu autorizzata a partecipare alla riunioni religiose e a benedire il cibo, prerogativa riser­vata esclusivamente agli uomini.

In quell'ambiente, Janie crebbe assieme ad un fratello maggiore e ad una sorella più piccola. Quando suo fratello e suo maestro Ostad Elahi (magistrato che dedico’ la propria vi­ta alla ricerca della Verità scrivendo li­bri e fondando la Via della perfezione) scomparve, divento’ lei il punto di riferi­mento dell'intero movimento spirituale, anche se le norme e le regole cui lei si attenne e che insegno’ erano quelle che Ostad, dopo suo padre, le aveva insegna­to.

Oggi, mgliaia e migliaia di iraniani, ma non so­lo loro, tutti gli allievi dislocati nel mon­do piangono la sua scomparsa.

Era sempre disponibile. Aiutava chi aveva problemi economici, di cuore, chi soffriva, chi non era in buona salute. Dava a tutti a piene mani. Dava calore umano, semplicità, ospitalità, saggezza e soprattutto aiutava chi cercava Dio, a trovarlo. Lei, una donna non sposata, vissuta sostanzialmente in un piccolo villaggio, aveva una conoscenza molto vasta e un'altrettanto vasta pazienza. Non si seccava mai, ascoltava e sopportava tut­ti: non si vantava mai di nulla, non dice­va mai «io». Qualcu­no che le era molto vicino ha così com­mentato la sua scomparsa: «E' come una madre che parte e che lascia i suoi bam­bini in un deserto nero e oscuro. Mi sento come un cuore senza anima Lei era la mia anima».

I suoi miracoli erano noti in tutta la regione tanto che a migliaia andavano da lei, ma se qualcuno le accennava qualcosa diceva: «Non so perché Lui (Dio) li faccia passare a mio nome e me ne faccia portare la gloria. Io non c'entro niente».

Ho rivisto Jani Nemati Elahi po­chi giorni prima della sua morte, a Pari­gi, dove era andata per curarsi nono­stante sapesse bene che non sarebbe più tornata a casa. Lo faceva per ubbidienza e per dovere. Anche in quell'occasione, come prima (quando mi aiutò’ facendomi capire quanto bene si potesse fare usando l’informazione) non lascio’ che me ne andassi a mani vuote, o meglio a spirito vuoto.

Si potrebbe parlare per ore di questa donna. Vorrei tuttavia con­cludere ricordando l’impegno, la sua lotta per l'affermazione dei diritti delle donne nonostante l'ambiente conformista e ostile. Grazie all’ascendente che esercitava sui suoi concittadini, cercava di far loro capire che uomini e donne sono uguali, che anche le figlie e non solo i ragazzi dovevano essere educate e mandate a scuola, che dovevano partecipare alla vita religiosa, che non dovevano essere diseredate perche' donne. Nel proprio ambien­te, ma in tutte le situazioni possibili, lotto’ perché la donna non rimanesse ai margini, priva di diritti o di dignità. Ha fatto molto, su molti piani.

Di lei, un artista ha detto: "e' dolce come la brezza del mattino. Presso di lei non si ha ne' caldo, ne' freddo, si e' ricolmi"

Altre e piu' dettagliate informazioni le trovate nel sito http://www.saintejanie.org/



09 dicembre 2006

LA BATTAGLIA DI ALESSANDRA. ANCHE L'ENSAMBLE LAUDANOVA SOLIDALE



16/12/2006
Concerto strumentale

Bibli in Musica 2006-2007

21.30
Centro culturale-libreria Bibli


Via dei Fienaroli 281, Trastevere. Tel. 06-5814534
Roma


Ensemble musicale e strumentale Laudanova
Bibli, info@bibli.it & Mrs. Philharmonica, valentinalosurdo@inwind.it


Giovanni Sorgente: voce, toun toun
Tullio Visioli: voce, flauti, chalumeau, harmonium
Elisabetta Crinella: flauto traverso
Riccardo Crinella: laud, saz
Gianfranco Benigni: violoncello
Pierpaolo Benigni: daf, darrabuka, udu



http://www.bibli.it/musica/adesso/2006/06-12.htm

L'Ensemble Laudanova si è formato nel '90 in occasione di un concerto di musica antica italiana presentato a Strasburgo. La musica di LAUDANOVA trae ispirazione dal cuore delle tradizioni musicali mediterranee e orientali. Si pone sotto il segno delle "confluenze" in materia di ricerca, di estetica del suono e di corrispondenza tra la musica antica e i percorsi di ricerca più attuali, riunendo interpreti e compositori provenienti da orizzonti differenti: musica classica, antica, tradizionale e contemporanea.

07 dicembre 2006

LA BATTAGLIA DI ALESSANDRA. IL SUO DIRETTORE: "DIMETTITI, AVRAI UN CONTRATTINO". INIZI PURE LUI. NOI NON LO SEGUIREMO.

di Grazia Gaspari

Anche a noi, l'infinito.... o meglio.... l'infinita superficialità o crudeltà che ci circonda, ci schiaccia un poà.

La battaglia di Alessandra ha avuto una risposta. Leggetela, ne vale davvero la pena.

A fornirgliela, è stato il suo attuale direttore, Massimo De Luca, ex Rai, poi Mediaset, ora di nuovo Rai, che le ha proposto, quale male minore di licenziarsi!!!. Un professionista, senza dubbio. Ma anche nel salto della quaglia. Ancora. De Luca, non contento, ha proposto ad Alessandra anche una soluzione, sempre nel suo bene e non solo di quello professionale, si intende: "Poi la Rai ti verrà incontro con qualche contrattino - ha chiosato il direttore, aggiungendo - potresti seguire le corse ciclistiche del nord". Piccolo particolare: le corse di cui favella De Luca, si svolgono una volta l’anno, 15 giorni in tutto.

Visto che un direttore e' "naturalmente" dalla parte dei suoi giornalisti; considerato che il cursus honorum di De Luca brilla di mille e poi mille successi professionali; ritenuto anche che mai e mai poi mai, un direttore non farebbe il bene della sua redazione e per converso, di una delle inviate di punta della testata sportiva, potrebbe - proprio perche' la sua proposta di licenziarsi in vista di un futuro contrattino e' sincera e disinteressata - dunque, potrebbe iniziare lui. Si dimettesse pure da direttore, affiancando la de Stefano nei suoi contrattini. E nelle sue corse, naturalmente.

Caro segretario Carlo Verna, al di la' del paradosso che ti ho appena offerto, ecco un più che valido motivo per difendere una causa giusta: difendere, in ogni sede, la collega Alessandra De Stefano. E' mai possibile che il sindacato non metta in campo le energie e le intelligenze migliori, di fronte ad una questione come questa? Si parla tanto della "solitudine" dei politici che si ricordano della gente comune solo quando si vota e si cercano voti. Poi si richiudono nelle loro stanze e pensano... Ma a che pensano?...... Non emuliamo certa politica e certi politici. Diamo un segnale. L'Usigrai non perda l'occasione per fare qualcosa di buono e di umano.






27 novembre 2006

LA BATTAGLIA DI ALESSANDRA. Figlia di un Dio minore? CONTINUA IL NOSTRO SOSTEGNO

di Grazia Gaspari

Alessandra De Stefano ci manda una lettera per ringraziare tutti coloro che stanno sostenendo la sua battaglia. Personalmente sento di dover essere io a ringraziare Alessandra per avermi dato la possibilita’ di fare qualcosa di buono, di riaffermare il valore della solidarieta’ e di continuare quella battaglia ideale per un mondo migliore che vagheggio da quando avevo vent’anni tra le fila della cosiddetta “sinistra”.
I valori etici e sociali restano smaglianti, ma gli uomini, persi dietro i propri affari, come canta Vasco Rossi nella sua lungimirante Vita spericolata, sembra non li vedano piu' .
Certo, la Rai, come scrive Simone R. e’ un’azienda molto grande con tanti problemi. Ma e’ altrettanto vero che ha tanti funzionari e che quando vuole e’ capace, come sostiene l’Usigrai, addirittura di creare dal nulla, posizioni finora inesistenti come l’assunzione di “un nuovo vice direttore alla Direzione rapporti istituzionali….. una posizione che "verrebbe creata ad hoc per un esterno” .
Allora perche’ non cerca di capire i problemi di una sua brava dipendente? Il suo sconforto, il suo grido di aiuto? Oltretutto, la sua richiesta di trasferimento e’ a costo zero. Essendo lei un inviato ed essendo il corrispondente, secondo quanto recita il Contratto nazionale di lavoro, un capo-servizio, c’e’ parita’ di trattamento economico. Quindi cosa potrebbe rivendicare Alessandra? Un’indennita’ che e’ gia’ contemplata nel suo stipendio?
E poi, perche’ il sindacato dei giornalisti Rai non si batte con lei, per lei? E dov’e’ la Commissione Pari Opportunita’? E Maxia Zandonai, da noi eletta al recente congresso Usigrai, alla quale e’ stata affidata la delega per le Pari Opportunita’? E il segretario Carlo Verna che si era dichiarato paladino delle problematiche delle donne all’interno della professione? Si pensa che la battaglia di Alessandra per il ricongiungimento familiare sia una battaglia figlia di un Dio minore? Di retroguardia?
Ho sentito dire da qualcuno: Parigi e’ una sede prestigiosa…. E Roma, Milano no? Alessandra non si e’ scelta un marito o una bambina che ha seri problemi di salute in base al prestigio di una sede…. Altri ancora obiettano: ma ci sono altri casi di ricongiungimento familiare, perche’ lei si’ e altri no? Certo SI per tutti!!! Un’azienda moderna sa bene che problemi di questo tipo gravano pesantemente sulla produttivita’ e qualita’ del lavoro e dunque vanno risolti. E poi, c’e’ sempre una soluzione per tutto!!! Si tratta solo di disponibilita’ e buon senso……. Due banali qualita’ che mancano tanto.

IL GRAZIE DI ALESSANDRA




"La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'aldilà.
Non avrai altro da fare che vivere
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinchè vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a sett'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perchè restino ai tuoi figli
ma perchè non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia

NAZIM HIKMET

In questi giorni mentre arrivavano i vostri messaggi di sostegno pensavo a come rispondervi e soprattutto a quali fossero le parole giuste per dire un grazie speciale ad ognuno di voi. Era questo che volevo. Perchè dietro ognuno di noi c'è una storia. Tra le righe, in alcuni messaggi si percepisce il disagio, il malessere, il dolore, la difficolta dei tanti che in questa mia storia trovano briciole di vita comune.... In un sistema dove l'essere umano è stritolato da tutto quello che poco c'enta con i valori degli uomini e delle donne che hanno testimoniato su questo blog.

Così ho scelto i versi di un poeta a me caro Nazim Hikmet, in barba a chi dei sentimenti se ne frega.

LA VITA NON E' UNO SCHERZO...e se è vero che la solitudine è un po' come non aspettarsi nulla...lo è in fondo anche morire piano piano ogni giorno. E' vero può sembrare una parola forte...ma in fondo non lo è. Le donne sanno fingere, nel senso tremendo del temine, e bene in molti casi...Perfette sul lavoro, madri impeccabili, ma dentro l'angoscia di una realtà lontana come quella che ho vissuto in questi anni. Piano, piano mi ha divorato in silenzio, nell'indifferenza, come voleva l'azienda, senza dare fastidio. Una parte di me muta e solerte che adesso non ha più la forza di sopportortare niente e nessuno...ma solo tanta rabbia questo si.

Quanto ho aspettato che prima o poi qualcosa mi venisse riconosciuto? Il diritto alla normalità, alla civiltà, come molti di voi hanno scritto. Ho letto parole dure, durissime da un giovane collega che si aspettava di più dal sindacato...La lettera che la collega Grazia Gaspari ha indirizzato al Segretario Carlo Verna attende risposta...

LA VITA NON E' UNO SCHERZO PRENDILA SUL SERIO nel senso che fai tuoi i dolori e le battaglie degli altri, impegnati, lotta, senza bandiere e colori, ma per i valori e per qualcosa che potrebbe rendere migliore la vita di qualcuno...`

PIANTERAI DEGLI ULIVI NON PERCHE' RESTINO AI TUOI FIGLI...lo so è un'utopia credere in queste parole, ma ci credo per me e per tutti voi, che come me credete che valga la pena di battersi...certo siamo trenta su questo Blog in un'azienda di non so neanche quanti giornalisti!!!

Penso con grande tristezza a chi non si firma a quali siano le sue paure ma come dice ROBERO BENIGNI quando cita VOLTAIRE "Non sono d'accordo con te ma darei la vita affinchè tu possa esprimere liberamente le tue idee". E' un cammino lungo, lunghissimo quello che la Rai deve fare. Quante storie nascoste ci sono. Quanti diritti negati, quante ingiustizie...Le logiche di partito si fanno forti fintanto che noi (intendo la categoria) siamo terreno fertile per la compravendita...

Non so cosa e come e sopattutto se la Rai ci ascolterà.. di una cosa sono certa grazie a voi non mi sono sentita sola, mi avete fatto sentire quel calore che mi ha restituito la voglia di continuare a battermi, ancora non so come ma una forma di lotta la troverò e state certi che il vostro ulivo nel mio cuore tutti voi lo avete piantato.
Vi ringrazio ancora

I COMMENTI

lella marzoli ha detto...
La vicenda di Alessandra dice anche molte cose sulla nostra organizzazione aziendale, sulla rigidità ormai insopportabile di certe dinamiche. Mi sono sempre chiesta perchè sia così difficile, impossibile direi, l'osmosi fra testate, lo scambio di esperienze, cosa che permetterebbe anche ai direttori di testata di conoscere meglio le ampie e qualificate forze su cui contare. Ma niente. Vedo quindi che la battaglia di Alessandra investe almeno tre ordini di questioni: la questione dei diritti, quella del riconoscimento del ruolo professionale delle donne, infine, ma non ultimo il problema dell'efficienza e duttuilità dell'organizzazione aziendale.. Continuiamo a porre insieme tutte queste questioni.
1:58 PM

luca.boccia ha detto...
Ecco a voi un altro caso esemplare delle sottilissime politiche di gestione delle "risorse umane" di questa azienda: tanto sottili da divenire ineffabili, almeno all'occhio poco acuto di noi risorse. Certo, al nostro sguardo ingenuo sembra masochismo puro, oltre che patente disumanita' (ma la disumanita' e' costituente essenziale della burocrazia dall'alba dei tempi): una valente "risorsa" si offre di lavorare a Parigi allo stesso prezzo che in Italia? Dunque, ragioniamo noi che non abbiamo frequentato scuole per manager, lavorera' meglio, con piu' serenita', dunque produrra' di piu'. Correremmo a firmare il contratto. Ingenui, o poco aggiornati. Nelle scuole per manager si insegna, temiamo, che il dipendente deve soffrire, per poter essere meglio ricattato. Ricordo quando un gruppo di anime belle vinse un concorso per praticanti guiornalisti in questa azienda: dovette fare causa, per ottenere l'assunzione. Poi furono assegnati alle sedi secondo il seguente criterio: se uno era residente a Roma, sarebbe andato a Bari; se era residente a Pisa, a Roma; se parlava correntemente il cinese e avrebbe fatto faville a Pechino, si sarebbe occupato di cronaca a Trento; e cosi' via. La produzione e' l'ultimo dei problemi, in burolandia: la regola aurea e' che tutti devono avere qualcosa da chiedere, o meglio da implorare, al sommo vertice. Che cosi' potra' meglio circondarsi del piu' efficiente dei poteri: il ricatto.
5:04 AM

Pierfrancesco ha detto...
Per fortuna che la Costituzione difende la famiglia e la pone al centro dello sviluppo sociale....
5:14 AM

Ezio Cerasi ha detto...
Cara Alessandra, penso che il ricongiungimento familiare sia uno dei problemi importanti da affrontare in occasione del rinnovo del prossimo contratto integrativo. Hai tutta la mia solidarietà nella speranza che possa risolvere la tua vicenda al più presto.Ezio Cerasi
5:58 AM

Luce Tommasi ha detto...
Sono solidale con Alessandra, che conosco bene. Oltre ad una stimata collega, e' stata la mia vicina di casa per molti anni. Le auguro di potere presto raggiungere il suo obiettivo familiare, senza per questo dovere sacrificare tanti anni di onesto lavoro e di sacrifici.
7:43 AM

Eleonora ha detto...
Alessandra, oltre che una grande professionista, e' prima di tutto un essere umano meraviglioso che merita il dovuto riconoscimento e un po' di serenita'. Sarebbe bello se per una volta questa Azienda non usasse due pesi e due misure...credo che esistano dei precedenti simili che sono stati risolti positivamente, tutto sta a vedere di chi si trattava. Dai Ale, siamo tutti con te
9:01 AM

Marino Bartoletti ha detto...
Cara Alessandra, dirti quanto ti voglia bene è superfluo. Dirti quanto ti stimi quasi inutile, visto l’orgoglio che ho sempre nutrito per quella meravigliosa professionista che assunsi a Rai Sport undici e passa anni fa.Non mi hai mai deluso: sei la più brava di tutte, per passione per cultura, per dinamismo, per sensibilità, per umanità, per gusto televisivo. Ma soprattutto non hai mai deluso i telespettatori che hanno sempre visto in te un punto di riferimento straordinario, qualsiasi cosa tu abbia fatto e qualsiasi tema abbia trattato.Sei una persona rara che merita attenzione e rispetto. Se fossi…se fossi… se fossi quello che non sono, ti darei un microfono e ti direi fai quello che vuoi e vivi dove vuoi. Sono sicuro che l’Azienda ne trarrebbe un grande vantaggio: ma soprattutto ne saremmo felici noi che amiamo lo sport raccontato con amore e qualità.Tu hai la forza del talento e dell’onestà. In teoria dovrebbero bastare. Altrimenti…altrimenti – tu che ami la musica – rileggiti Francesco Guccini, ultimo verso dell’”Avvelenata” e gridalo al mondo. In fondo che c’entri tu con “loro”? Chi non ti vuole, non ti merita. Vivi!
12:24 PM

Gianni Mura (Repubblica) ha detto...
Conosco Alessandra da anni e la stimo non solo per la serietà nel lavoro ma anche per la sensibilità (merce rara)che ci mette. Le manifesta tutta la mia solidarietà e sono disponibile a ogni iniziativa che possa vedere riconosciuti i suoi diritti.
5:09 PM

Giovanni Bruno ha detto...
Ci sarebbero tanti perchè,tanti, tantissimi. Che cosa è giusto e cosa è sbagliato.Quello che è certo è il valore della persona e la persona è brava, di più. le righe di Marino fanno solo piacere nel constatare di quanto sia brava e valida Alessandra . Non è stato facile costruirsi una reputazione di brava cronista ma Ale ci è riuscita, apprezzata da tutti in ogni settore dello sport. Sempre in prima linea...molti diranno:" è facile con lo sport..un accredito e via,hai l'evento e cosa ci vuole"ci vuole ci vuole. Sono mille gli episodi che potrei raccontare di alessandra sul campo, tralascio i vari speciali o i profili di grandi campioni ed anche tutti i pezzi realizzati tra Tg e rubriche...-Giochi del mediterraneo a Bari, per la RAI è un prodotto di basso profilo, elegante modo per dire senza un soldo di budget,per gli organizzatori e per noi una vera Olimpiade, ebbene Alessandra è stata la prima a lasciare il ruolo di giornalista per inventarsi quello di produttrice/organizzatrice. 15 giorni d'inferno per portare a casa un proodotto da record e gran parte del merito è stato suo e della sua pazienza nell'organizzare il lavoro ad altri.-Madonna di campiglio, Giro d'Italia del 1999, Pantani all'alba viene escluso dalla corsa in rosa. Tutti davanti al suoi albergo,il mondo in attesa...Alessandra strappa le prime parole a marco pantani. Un microfono, quello suo, raggiunge milioni di persone in attesa di sapere...per Alessandra tante botte nella ressa ed un maglione di cashmire rotto ed anche un triste sorriso di chi ha portato a casa il pezzo nella consapevolezza di una più grande tragedia.-Olimpiade di Salt Lake City 2002.Ale conduce per mergenza lo studio nelle notti olimpiche, non lo aveva mai fatto.... rsultato eccellente.Ecco questa è Alessandra: può coprire ogni ruolo. La RAI dovrebbe riflettere su chi poter contare.Giovanni Bruno
5:51 PM

Irene Stracuzzi ha detto...
Vai alessandra!!!! Scusate non mi sono preparata niente di particolarmente interessante da scrivere per sostenere la sacrosanta battaglia di alessandra. Dunque solo due righe per farvi e farle conoscere la mia totale solidarieta' alla persona, alla professionista, alla vicenda tutta che mi sembra davvero assurda. Occupo soltanto un altro rigo per assicurarvi il mio impegno e la mia partecipazione a qualsiasi tipo di iniziativa sara' organizzata per riuscire a far trasferire Alessandra a Parigi. Mi domando, forse una normale storia d'amore e tutto sommato di vita e' troppo poco per lor signori cosi' preoccupati di indennita', promozioni, posti occupati........posso dire che schifo? ...l'ho detto!

6:00 PM

enrico testa ha detto...
Volevo scrivere tante cose per sostenere questa richiesta di Alessandra, collega di Raisport e soprattutto amica. Volevo farlo non perché l'affetto viene prima di tutto ma perché la stima viene ancora prima. Poi ho letto gli altri commenti, li ho apprezzati, soprattutto quello del mio ex direttore Giovanni Bruno. Proprio quando stavo per cominciare a scrivere ho letto anche le righe di Marino Bartoletti. Emozionanti, sentite, sacrosante. Ecco, io nel mio piccolo, vorrei sottoscrivere tutto di questa affettuosa e quasi cantata dedica di Bartoletti. Lo faccio con il cuore e con la forza del pensiero. Per Alessandra, per il nostro lavoro, per la Rai. 9:20 PM

elisabetta caporale ha detto...
Cara Alessandra,certo che lascio un commento, certo che sono solidale, certo che parteciperò ad ogni iniziativa riterrai di intraprendere per far valere i tuoi diritti. Scrivo di getto, toccata dalla tua lettera - pur conoscendone già i contenuti - e anche dai commenti di chi ha scritto prima di me. Gianni Mura, Marino, Giovanni, Enrico... vorrei che fossero di più... Ma arriveranno, ne sono certa.Il tuo grido è anche il mio e credo quello di tutte/i noi che da anni con il massimo impegno cerchiamo di dare tutto il possibile - e a volte anche l'impossibile - nel lavoro. Per serietà, per passione, per onestà rispetto ai nostri interlocutori, agli eventi e alle storie che raccontiamo, a chi ci guarda e ci ascolta e a chi ci ha dato fiducia. Conosco bene la tua storia che, come sai, è simile a quella di molte di noi. Giornaliste, donne, mogli, madri, fidanzate. Donne che spesso devono fare il doppio della fatica per ottenere rispetto, godere di pari opportunità. La conosco personalmente per le volte che ne abbiamo parlato, che mi hai raccontato tutte le difficoltà che stai incontrando per cercare di ottenere quel che, credo, ti spetterebbe di diritto. Non posso credere che di fronte a tale situazione non si possa trovare una soluzione. Non ci posso credere. Anche alla luce delle condizioni che saresti disposta ad accettare pur di poter vivere accanto a Philippe e alla bambina. Pur di poter vivere la tua vita interamente. Come deve essere. "Dream as if you'll live forever. Live as if you'll die today"... Mentre ti scrivo mi viene in mente questo. Dovremmo ricordarci di farlo sempre, tutti, per non rischiare di perdere quel che conta davvero.Vai avanti, insisti, cara Ale, non rinunciare alla tua vita. Noi siamo con te.

11:25 PM

Auro Bulbarelli ha detto...
Un proverbio americano recita che se devi attraversare una sala affollata e non ce la fai chiedendo permesso, bisogna necessariamente allargare i gomiti e farsi strada. Alessandra sono anni che domanda con educazione e rispetto quello che un dirigente potrebbe risolvere in due o tre minuti d'orologio. Basterebbe una firma, un sì, un nero su bianco. Invece solo parole, promesse, rinvii,illusioni. Come amico e collega ne sono stato impotente testimone. Alessandra non si è mai venduta e-caso strano- per ora è rimasta al di qua della sala affollata. E' giunto il momento di allargare i gomiti. Ribadire e denunciare che in certi posti di prestigio bisogna accedervi per meriti lavorativi e non per aderenze politiche. La storia della Rai è piena di corrispondenti inadeguati che manco sapevano la lingua del paese dove erano stati inviati in pianta stabile. Fatture di migliaia di euro alla voce "traduttore"...Ma per carità... Alessandra, insisti e ce la farai. Con te la Rai a Parigi guadagnerebbe prestigio e risparmierebbe tanti euro. Sei una delle poche che potrebbero mandare a New York, a Parigi o a Madrid e sarebbe la stessa cosa. Le lingue le conosci tutte e il tuo mestiere lo sai fare. Ciao, a presto,un caro abbraccio.
11:35 PM

Simonetta Guidotti ha detto...
Cara Alessandra, ti scrivo per solidarieta' e per incitarti a non rinunciare a nulla. Te lo dico per esperienza.Nel 1996 mio marito che all'epoca stava al "Sole 24 ore" fu nominato corrispondente a Bruxelles e parti. Io che già avevo due figlie ed ero in attesa del terzo ci ho messo più di un anno a farmi trasferire. Ho accattato anche di firnmare una lettera dove rinunciavo all'indennita'. Alla fine dopo due anni a Bruxelles la Rai senza motivo volle farmi tornare a Roma. Altra battaglia, poi mi lasciano facendomi firmare un'altra lettera nella quale rinunciavo a chiedere i miei diritti. Nel 2000, mio marito venne assunto al Corriere dovette rientrare in Italia con i figli e io mi ritrovai a Bruxelels in mezzo ad una strada: la Rai non mi voleva riportare a Roma, non mi voleva pagare la casa (che fino a quel giorno era stata pagata dal Sole 24 ore per mio marito). Ricorsi in paritetica e riuscii dopo quasi un altro anno (a Roma intanto il bambino di quattro anni aveva chiari problemi a mamma, che comunque a spese sue tornava a Roma per il week-end)a farmi ritrasferire in Italia, ma non al Tg3 mia testata di origine ma a Rainews sempre come redattore ordinario dove ancora oggi mi trovo con la stessa qualifica.Ho fatto causa alla Rai perchè mi venisse riconosciuto almeno la qualifica di caposervizio (pari a quella del corrispondente) ma avevo un'avvocata inesperta, e persi la causa. Alla fine ho transato, rinuciando all'appello e qualcosina ho guadagnato sullo stipendio.Questo per dirti di non firmare mai niente, nessuna rinuncia, nessuna transazione, perchè prima o poi ti si rivolta contro. Se non riesci a farti trasferire con la Paritetica, ricorri al tribunale.Ciao
8:00 AM

Beppe Conti, Tuttosport ha detto...
Cara Alessandra,insisti, continua a lottare perchè vedrai che alla fine ce la farai. Per un motivo molto semplice. La Rai non può perdere una professionista del tuo valore, una giornalista con un talento così grande per un ruolo importante come quello di corrispondente da Parigi.Alla fine, con qualche sforzo, se ne renderanno conto.
11:22 AM

Mao Veronesi ha detto...
Conosco Alessandra da circa 3 anni, prima devo esser sincero nn la stimavo, poi piano piano ho imparato a conoscerla,a comprendere quello che lei esprimeva e ha nel cuore.Siamo diventati molto amici,mi è stata molto vicino in un periodo molto, molto particolare aiutandomi con parole pelle e cuore. Una professionista nel suo lavoro, una donna umanamente unica nella vita che a cui la Rai nn puo' nn rendere merito, sarebbe un atto vergognoso! Diffondiamo questo appello per Alessandra xchè la sua voce nn cada nel silenzio!
12:00 PM

Donatella Scarnati ha detto...
Certo che bisogna sostenere la battaglia" di Alessandra e, soprattutto, bisogna farlo con forza, con coraggio, con rabbia e con entusiasmo. Crederci e' fondamentale, anche se c'e' la consapevolezza di quanto sia difficile tagliare quel traguardo, sgretolare quella burocrazia, ottenere un briciolo di considerazione e, perche' no?, anche di umanita'. Trovare una soluzione non e' impossibile, e' necessario, pero', che chi decide abbia la voglia di dedicarsi al "problema", pensare alla soluzione piu' logica, mettere insieme i vari pezzi del mosaico e fare una proposta seguendo esclusivamente il buonsenso. Saro' ottimista, ma sono convinta che le persone abbiano ancora un ruolo, se si impegnano, se lo desiderano, se sono davvero interessate riescono a superare ostacoli che solo apparentemente sono insormontabili. Ci sara' pure una strada per risolvere il "problema indennita'". Gli avvocati e i cosiddetti cervelli non mancano, Alessandra e' disposta ad accettare qualsiasi compromesso pur di lavorare accanto a suo marito che, tra l'altro, ha la necessita' di vivere non lontano da sua figlia. Mi auguro che queste poche righe, queste semplici considerazioni, servano a qualcosa. Un caro abbraccio, Alessandra e spero di poter brindare presto al tuo ricongiungimento familiare.Con affetto
1:16 PM

Paola Ferrari ha detto...
Sono senza parole.La situazione di Alessandra e quello che sta subendo sono una sconfitta per tutte le donne che lavorano in questa azienda. Alessandra e' una splendida collega che ha dedicato anni della sua vita a questa professione con amore, sensibilita' , passione davvero straordinari.Siamo di fronte ad una donna che si e' davvero dedicata con sacrificio al suo lavoro e che ora non si vede riconosciuti il diritto fondamentale del ricongiungimento con la sua famiglia.Il diritto di poter vivere una vita completa negli affetti . Ancora una volta i diritti, il ruolo professionale delle donne non vengono riconosciuti ed in questo caso ancor di piu' non viene considerato il valore di questa collega , che merita dignita' sia nella sua vita professionale che nella sua vita privata. Spero tanto che l'azienda nella quale lavoro da quasi vent'anni non si faccia del male da sola e ascolti una volta tanto la voce delle sue donne.
3:13 PM

Davide Dezan ha detto...
Conosco Alessandra da tanti anni e in tutto questo tempo ho potuto ammirare la sua grande professionalità in eventi sportivi complessi come il Giro d'Italia e il Tour de France.Ma non solo,in tutto questo tempo Alessandra ha sempre mostrato ,oltre al naturale talento,un impegno e un'abnegazione che sono sempre andati (e di molto) al di la' di ciò che è umanamente giusto chiedere ad una persona. Al primo posto per lei,questa è l'impressione che ne ho tratto,c'è sempre stato il lavoro,il lavoro,e poi ancora il lavoro;assieme ad una passione costante per lo sport e per la sua azienda:la RAI.Credo che professioniste così meritino rispetto,in primo luogo nel vedersi riconosciuto,ove possibile ,un diritto sacrosanto. E poi,sempre se possibile (e nel rispetto pure di chi paga il canone)sarebbe bello ogni tanto veder premiato qualcuno per ciò che ha fatto,e sotto gli occhi di tutti,anzichè per l'appartenenza alla corrente politica in voga. Non mi pare che Alessandra chieda l'impossibile,non mi pare nemmeno giusto che un'azienda come la RAI lasci la sua voce inascoltata.
3:40 PM

sorelleditalia ha detto...
Tutta la mia solidarietà ad Alessandra. Dopo le parole del Capo dello Stato Napolitano sulle donne e alla vigilia della giornata internazionale contro la violenza sulle donne la situazione paradossale di Alessandra fa venire rabbia e un senso di impotenza. Ad un uomo, ad un professionista non sarebbe mai successo .................Non c'è solo la violenza tra le mura domestiche e questa situazione assurda capitata ad una professionista brava, seria e preparata dimostra che in Italia la democrazia è ancora bloccata.Giovanna Rossiello
4:20 PM

Pier Bergonzi ha detto...
Cara Alessandra. Tanto per cominciare ti mando un abbraccio forte. Sono con te. So quanto vali come donna e come giornalista. Ho imparato a conoscere la tua determinazione e sono sicuro che riusciresti a fare benissimo il tuo lavoro da Parigi. Anzi meglio, perché lì hai portato i tuoi affetti, la tua straordinaria carica umana. Non è facile trovare colleghi come te. prima o poi lo capirà anche chi deve prendere una decisione.Ancora un abbraccio.
11:07 PM

Giampiero De Luise ha detto...
Cara Alessandra,quanto è difficile darti conforto... le parole, lo so, sono utili per risollevare gli animi e infondere maggiore coraggio nei momenti di sconforto. Ma tu, adesso, non hai più bisogno di conforto e coraggio, ora hai bisogno di VIVERE SERENAMENTE e io non so più che cosa fare. La tua vicenda ha cambiato profondamente la mia visione del Sindacato, sempre reattivo alle sollecitazioni politiche, ma spesso sordo a quelle umane; molto solerte a spendere la sua bella dose di "carità pelosa" con la moneta della solidarietà (che ormai vale come quella del Monopoli), ma troppo arrendevole e genuflesso davanti al sopruso.Abbiamo speso migliaia di euro per il rinnovo del nostro contratto, ma non abbiamo considerato la tua vicenda meritevole di una giornata di sciopero: non uno sciopero per Alessandra, ma per un principio umano che vale per TUTTI e che è SACROSANTO, molto più dei quattrini.Cara Alessandra, so che in questi momenti fa piacere sentirsi dire "sei la più brava, ti voglio tanto bene..."; è la verità, ma una verità che purtroppo non ci "aiuta ad aiutarti", ma ci angoscia e io voglio scacciare quest'ansia per tornare a considerare questo Paese un posto civile, dove una collega può lavorare bene e conciliare il suo dovere di lavoratrice con il suo diritto di donna, moglie e madre.E lo farò, non so ancora come, ma lo devo fare.Ciao Ale
2:53 PM

Simone Panizzolo ha detto...
Ma cosa pretendete dalla Rai che è la prima a dividere su igni cosa. Essa stessa è divisa in fazioni che non fanno altro che scontrarsi le une con le altre attraverso le reti che DOVREBBERO essere dei cittadini. Può ricongiungere qualcosa colui che per primo divide? Ti auguro di vincere la tua battaglia
4:06 PM

giuseppina paterniti ha detto...
Cara Ale,la tua battaglia è la mia... la nostra. E' impensabile che la Rai, che a quanto io ricordi, anche in questi ultimi anni ha concesso a una collega di stare a Los Angeles, a costo zero, per motivi familiari continuando da lì il suo lavoro, si rifiuti di concederlo a te che ti sei sposata perfino in una città sede di corrispondenza. La Rai ha tantissimi programmi, da "uno mattina" in poi, a cui collaborano giornalisti, ha tante edizioni di telegiornali, ha tanti canali satellitari, e Parigi è una città piena di iniziative e di interessi culturali. Pensiamo solo all'integrazione degli immigrati e ai percorsi che potrebbero essere segnalati ad un Paese come il nostro che, solo recentemente, rispetto alla storia francese, si sta misurando con questi problemi.La tua è una battaglia di civiltà, non solo di genere. Sono al tuo fianco insieme alle altre colleghe e agli altri colleghi. Un grande abbraccio e chiediamo in tutte le sedi la soluzione di questo caso.
5:34 PM

Una collega di viale Mazzini (piani alti) ha detto...
Forza Alessandra, la tua battaglia è quella di tutte le donne della Rai. Ma alla Rai, si sa, comandano solo gli uomini
2:05 AM

Simone R. ha detto...
Credo sia un problema difficile da affrontare,non è una situazione analizzabile unilateralmente... Se da un lato ci sono le giustissime e sacrosante motivazioni personali che ci inducono a pensare alla legittimità dei diritti umani in questione,da un altro punto di osservazione dobbiamo pur renderci conto di quanto gli interessi di un'azienda cosi grande spesso non possano combaciare con ciò che riguardi la sfera individuale o addirittura affettiva di chicchessia...Parlando concretamente delle circostanze in analisi,di certo sappiamo che senza dubbio una persona a Parigi ci andrà,e non sappiamo se per meriti reali o per la sola spintarella accomodata dal vento del nepotismo o della raccomandazione,cosa di cui purtroppo abbiamo la sensazione di luogo comune(ahimè)e di acclarata verità o dato di fatto....Spingo con questo commento a ragionare sulla complessità del problema in questione,senza lasciarmi andare a facili "Forza questo" o "Forza quello",che rimangono esternazioni banali e prive di qualsiasi approfondimento specifico..Quello che posso dire,conoscendo la effettiva capacità giornalistica della signora De Stefano,è che tutte queste porte in faccia mi sembrano assurde e ingiustificate,poichè oltre ad essere molto preparata nei settori tecnici in cui l'abbiamo vista all'opera per anni,dobbiamo riconoscere anche la perfetta conoscenza della lingua con cui si andrebbe a cimentare nella sua nuova(purtroppo ancora eventuale) collocazione e non ignorare la disponibilità che la persona in causa ha sempre dimostrato nei confronti dell'azienda e del lavoro svolto puntualmente con esperienza e professionalità..Invito i signori dirigenti della Rai nemmeno a saper valutare,ma ad avere la dignità e la sensibilità di sedersi un attimo a un tavolino solo per parlare del problema,perchè non penso questo sia stato fatto,e non perchè mi piace sparare a zero,ma perchè non nascondiamoci che molti dei volti della nostra tv statale spesso non sono che dei burattini mossi da non voglio sapere nemmeno quale disegno..Non eludete i vostri doveri,se avete un'idea di famiglia o se tenete ai valori più sacri e più emozionali per una persona,a maggior ragione nei confronti di una collega,vi esorto a prendere se non una decisione almeno una responsabilità seria e degna del potere che purtroppo vi compete.Io sarei per il trasferimento immediato,credo che il lavoro accompagnato da una situazione familiare e affettiva rosea e serena(cosa che non si può non augurare a tutti...e dico tutti)renda meglio e rappresenterebbe finalmente un esempio di trasparenza e di solidarietà dall'alto verso il basso,cosa rara e purtroppo desueta.Di questo spero possiate riflettere.Decidete presto,non esitate a porgere aiuto,mettete a disposizione i frutti del vostro status quo,non approfittatevene perchè penso di ciò non siate contenti in realtà nemmeno voi.
3:15 PM

Tiziana Boari ha detto...
Cara Alessandra, non ti conosco personalmente, ma vorrei esprimerti la mia totale solidarieta' per questa assurda situazione. L'azienda potrebbe in effetti studiare soluzioni per risolvere il tuo problema, creando così un precedente di "flessibilità" intelligente importante, dimostrando finalmente di saper condurre una politica di gestione del personale incentrata allo stesso tempo su competenze e bisogni primari dell'essere umano.
8:37 PM

Un (anziano) collega di Rai Sport ha detto...
Cara Alessandra, dov’è l’inutile, arrogante e codarda Usigrai, grande paladina dei propri interessi corporativi e delle promozioni dei suoi papaveri?Dov’è l’Usigrai che si arroga il diritto di silurare i direttori non graditi (ai propri protetti)? Che condiziona e pilota le scelte aziendali approfittando della pavidità della Direzione Generale? Che decide chi deve far carriera e chi no? Che si batte per i privilegi, ma che dimentica i diritti autentici (come il tuo)? A CHE SERVE L’USIGRAI, SE NON FA NULLA NEANCHE IN CASI COME QUESTO?
11:39 PM

21 novembre 2006

SOSTENIAMO LA BATTAGLIA DI ALESSANDRA DE STEFANO. CHIEDE DI VIVERE LAVORANDO NELLA CITTA' DELLA PROPRIA FAMIGLIA, MA LA RAI DICE NO

A volte mi sembra di sognare. A onor del vero più che un sogno è un incubo. In un antico paese come l’Italia, culla del diritto, centro della cristianità, sede di una democrazia evoluta (anche se comincio a nutrire qualche dubbio) accade che in una delle Aziende di punta dell’informazione, il Servizio Pubblico Rai, non venga concesso ai propri dipendenti il diritto al ricongiungimento familiare.
E’ la storia di Alessandra De Stefano, che lavora a Raisport e che lei stessa ci racconta.
Noi non possiamo restare ferme e silenziose. Faremo sentire la nostra voce, le nostre ragioni, ovunque sia possibile.
Lasciate un commento o una firma in fondo al post. Sostenete così, con la vostra adesione Alessandra De Stefano. Molti la conoscono, gli sportivi soprattutto, La sua non è una battaglia individuale, ma di tutti: “non ci sono diritti umani senza i diritti delle donne”, non ci sono diritti se non c’è libertà!!!


CHIEDO SOLO UNA VITA NORMALE. CHIEDO DI VIVERE LAVORANDO NELLA CITTA’ DOVE HO I MIEI AFFETTI PIU’ CARI






Che grande differenza c'è tra sentire ed ascoltare? Immensa, enorme, come sanno esserlo soltanto l'entusiasmo e la generosità di persone come voi che hanno saputo ascoltare la mia storia. Quella di una donna che con i suoi quarant'anni suonati in un'azienda sorda alle esigenze umane come la nostra, non può esercitare il diritto dovere, sancito anche dalla nostra Costituzione, di poter vivere con la sua famiglia.

La mia è una storia che inizia in Rai con un precariato nel 1992 e con un'assunzione nel 1995 all'allora TGS, oggi RAI SPORT, come redattore di prima nomina..

Solo per un caso sono finita allo sport. Nel 1992 stavo per laurearmi in Storia dell'Arte alla Sapienza mentre collaboravo all'Ansa e al Corriere della sera in cronaca. Vinsi una borsa di studio in giornalismo alla Columbia University. Stavo per andare, ma morì, dopo una lunga e penosa malattia, mia madre (mi sono occupata di lei da quando avevo 4 anni). Allora, fui costretta a lavorare e accettai un contrattato alla TGS.

Sono iniziati così i miei 15 anni di lavoro in Rai. Inviato speciale dal 2000. 5 Olimpiadi seguite, 17 grandi giri (giro d'Italia, Tour de France Vuelta), 1 Coppa America di Vela in Nuova Zelanda e moltissime altre cose. Eventi raccontati soprattutto cercando storie, raccontando a chi stava a casa tutto quello che si nasconde dietro un evento sportivo di tale portata. Ho realizzato migliaia di servizi per i telegiornali, dirette, trasmisssioni, preparato speciali, documentari...insomma, un lungo lavoro, servendo le testate e garantendo sempre prodotti e notizie in tutte le situazioni.

La mia è stata una carriere pulita, limpida, all'insegna della trasparenza e dell'abnegazione per la Rai. Amo il mio lavoro e ho fatto sempre il massimo per farlo più che bene. Non so se ci sono riuscita sempre ma vi assicuro che ho dato tutta me stessa.
Quello che vi arriva ora da parte mia è un grido di rabbia e di dolore. Una richiesta d'aiuto che faccio a voi perchè non so più dove andare a sbattere la testa.

Vivo a Parigi da quattro anni. Il 4 novembre scorso mi sono sposata e a fine 2007, se tutto andrà bene avrò la cittadinanza francese. Philippe, mio marito, ha una bimba che oltretutto ha problemi di salute . Loro sono la mia famiglia, noi siamo una famiglia.. Da anni chiedo di poter lavorare a Parigi, ma non trovo che porte in faccia o promesse illusorie che durano uno o due giorni.

Circa tre anni fa parlai la prima volta con il Direttore del Personale Gianfranco Comanducci che mi disse di trovarmi un Direttore che mi inviasse a Parigi. Nel 2004, dal momento che Daniele Renzoni era già da tempo da solo, parlai con Mauro Mazza, Direttore del Tg 2 che mi disse: " sei bravissima faro' il tuo nome nella riunione per gli inviati non ho nessuno dei miei che vuole andare"... Ma qualche giorno dopo mi richiamò e mi disse: "scusami, mi spiace tantissimo ma ho Mimun che preme per V.F. e devo mandare lui"! Poi fu la volta di Giovanni Bocco che attualmente è ancora solo. Giorni fa ho riparlato con Mazza ma sembra che ora voglia andare F.C.

Cosa devo fare? Sono disperata!!! Qui c'e di mezzo una famiglia! Possibile che il ricongiungimento familiare esista per gli extracomunitari (giustissimo) e per me non ci sia una soluzione? C'e una bambina di mezzo che ha diritto anche lei. Mio marito, da 25 anni si occupa di ciclismo, è la prima firma dell'Equipe e viaggia molto. Se io posso lavorare a Parigi e vivere a casa mia posso occuparmi della bambina, e avere una vita normale. Non due case una a Roma, l’altra a Parigi, Un viaggio ogni turno di riposo!!!

Chiedo solo una vita normale. Chiedo il diritto a vivere lavorando nella città dove ho i miei affetti più cari. Perchè non posso lavorare a Parigi dove la Rai ha una sede? Mi è stato detto che ci sono difficoltà perché una volta a Parigi potrei rivendicare il ruolo di corrispondente!!! Ma io non ne faccio una questione di soldi. Lavorerei con il mio stipendio. Accetterei qualsiasi compromesso.

Vi sto scrivendo con le lacrime agli occhi e con il cuore in mano ma con la certezza che voi saprete farvi ascoltare in maniera più decisa e forse con meno coinvolgimento emotivo di me. Ovunque vado mi parlano di contratto, di impossibilità, come dicevo sopra, di indennità di corrispondenza, ecc. ecc. Tutto questo con il ricongiungimento con la mia famiglia credo non abbia nulla a che vedere.
Spero solo che ci sia qualcuno pronto a battesi per aiutarmi affinchè una cosa giusta possa avvenire.

20 novembre 2006

LA BATTAGLIA DI ALESSANDRA... E' LA NOSTRA BATTAGLIA










di Iva Testa (Gr Parlamento)
Essere uomo o donna dovrebbe significare avere gli stessi diritti e gli stessi doveri..
Le legislazioni in proposito non sono uguali nel mondo...Alcune sono più avanzate, altre più arretrate.

Certo è che in molti paesi, tra cui l'Europa, almeno sulla carta sono previste sanzioni nei confronti di quanti disattendono le norme relative all'applicazione delle pari opportunità tra i due sessi..
Per vincere resistenze antiche sono state formate delle commissioni ad hoc, ma spesso non sono sufficienti a garantire il rispetto dei diritti delle donne.

I perchè sono molteplici e sono purtroppo troppo spesso solo materia di discussioni ma che non portano risultati concreti....Le donne, nonostante il loro impegno costante nella società, continuano a tuttoggi ad essere penalizzate su tutti i fronti, non solo a quello relativo alle carriere ma anche a quello che riguarda i diritti primari, come :vivere normalmente con la propria famiglia.

Cosa fare?

Credo che la cosa più importante sia non scoraggiarsi, continuare a combattere e sostenere, con tutti gli strumenti necessari, quella che appare ancora una guerra tribale mentre dovrebbe essere soltanto vivere la propria identità senza odiose discriminazioni.

18 novembre 2006

I DIRITTI DELLE DONNE NON SONO DIRITTI


















Questa è la lettera inviata al Segretario del sindacato Usigrai, Carlo Verna con qualche omissione di carattere strettamente interno


Caro Segretario,
Alessandra De Stefano, un caso che tu ben conosci dal momento che lei si è rivolta da tempo a tutti e in primis a te, ha chiesto il nostro aiuto per il suo ricongiungimento familiare. Ci ha mandato una lettera in cui racconta la sua storia e la storia della sua richiesta perennemente respinta.
Si tratta di una lettera che denuncia la discrinazione nei confronti delle donne, in Rai, non solo nelle carriere, ma addirittura nella negazione dei diritti fondamentali della persona come quello di avere una famiglia in cui e con cui vivere!!!
Allora, ti faccio innanzitutto presente:
  • la corrente legislazione relativa al diritto di famiglia e dunque al ricongiungimento familiare. Che tu in quanto avvocato, ben conosci! Ma anche l'ultima DIRETTIVA 2006/54/CE del PARLAMENTO EUROPEO e del CONSIGLIO approvata i l 5 luglio 2006 riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego che ti allego e che prevede anche sanzioni per le aziende degli Stati membri che non la applichino. La normativa è stata approvata anche in vista del 2007, anno che l'Unione Europea ha proclamato anno delle pari opportunità. ......
  • Penso che uno dei compiti della Commissione Pari Opportunità vecchia e nuova, sia quello di aiutare le colleghe in merito ai problemi relativi alla maternità e alla famiglia. Se è vero che al giornalista padre è stata offerta la possibilità di optare per trattamenti particolari in caso di figli minori o malati, non si vede perchè non si debba aiutare i colleghi nei casi di ricongiungimento familiare. Mi risulta che i casi siano limitati, quindi è fattibile una soluzione per tutti.
  • Nel caso di Alessandra De Stefano, trovo particolarmente crudele che le si impedisca di formare una normale famiglia, per il solo fatto che l'Azienda paventa una possibile richiesta da parte sua di diventare corrispondente. A parte che a lei questo non interessa, ma se anche fosse? Un uomo si può mandare ovunque e se chiede di diventare corrispondente... non importa!!! Ma guai se si tratta di una collega, che oltretutto ha le carte in regola professionalmente!!! O forse non ha in regola le carte politiche

Caro Segretario, tu sai quanto ti stimo, ma con altrettanta sincerità ti dico che se non ve ne occupate voi, subito, di risolvere positivamente il caso, lo faremo noi. Chiameremo in causa tutti: il Presidente e il Consiglio di Amministrazione Rai, la Cpo delle lavoratrici Rai, tutti i comitati femminili italiani, le donne dei vari partiti di maggioranza e opposizione, la chiesa cattolica, i cattolici della Margherita e dell'Udc e via via tutti quelli che ci verranno in mente e che ci vorranno ascoltare... e non credo che siano pochi!!!

Noi siamo solo delle giornaliste, non abbiamo molto potere vista la discriminazione sessista che ancora vige sul lavoro. Ma un potere l'abbiamo e da sempre: la nostra voce..... la nostra parola. Nessuno può fermarla, sarà dilagante..... grazie anche alla Rete. La lasceremo, come diceva Martin Luter King, "Risuonare" da ogni monte .... da ogni pendice" Innanzitutto porteremo il caso a conoscenza della Dr.ssa Clerici, consigliere d'Amministrazione, che a suo tempo ci ha ricevuto, ci ha sostenuto e si è dichiarata con noi solidale, anzi ci ha offerto il suo aiuto.

UN GRIDO DI RABBIA E DI DOLORE


Ho ricevuto da Alessandra De Stefano, una preparatissima e carina collega di RaiSport, una lettera in cui ci chiede solidarietà e aiuto. Da tre anni cerca di ottenere il ricongiungimento familiare e da tre anni le viene negato con la motivazione che poi potrebbe avanzare la richiesta di diventare "corrispondente". Non ho parole. Vi dico solo che, in prima battuta scriverò al neo segretario Usigrai, Carlo Verna e alla Consigliera d'Amministrazione Rai, Giovanna Bianchi Clerici che si è dimostrata sensibile e disponibile verso i problemi delle donne e dunque delle giornaliste. Poi si vedrà...... intanto pubblico la lettera di Alessandra e poi la lettera al Segretario Usigrai.


Carissime, che grande differenza c'è tra sentire ed ascoltare? Immensa, enorme, come sanno esserlo soltanto l'entusiasmo e la generosità di persone come voi che hanno saputo ascoltare la mia storia. Quella di una donna che con i suoi quarant'anni suonati in un'azienda sorda alle esigenze umane come la nostra, non può esercitare il diritto dovere, sancito anche dalla nostra Costituzione, di poter vivere con la sua famiglia.

La mia è una storia che inizia in Rai con un precariato nel 1992 e con un'assunzione nel 1995 all'allora TGS, oggi RAI SPORT, come redattore di prima nomina.. Solo per un caso sono finita allo sport. Nel 1992 stavo per laurearmi in Storia dell'Arte alla Sapienza mentre collaboravo all'Ansa e al Corriere della sera in cronaca. Vinsi una borsa di studio in giornalismo alla Columbia University. Stavo per andare, ma morì, dopo una lunga e penosa malattia, mia madre. (mi sono occupata di lei da quando avevo 4 anni). Allora, fui costretta a lavorare e accettai un contrattato alla TGS.

Sono iniziati così i miei 15 anni di lavoro in Rai. Inviato speciale dal 2000. 5 Olimpiadi seguite, 17 grandi giri (giro d'Italia, Tour de France Vuelta), 1 Coppa America di Vela in Nuova Zelanda e moltissime altre cose. Eventi raccontati soprattutto cercando storie, raccontando a chi stava a casa tutto quello che si nasconde dietro un evento sportivo di tale portata. Ho realizzato migliaia di servizi per i telegiornali, dirette, trasmisssioni, preparato speciali, documentari...insomma, un lungo lavoro, servendo le testate e garantendo sempre prodotti e notizie in tutte le situazioni.

La mia è stata una carriere pulita, limpida, all'insegna della trasparenza e dell'abnegazione per la Rai. Amo il mio lavoro e ho fatto sempre il massimo per farlo più che bene. Non so se ci sono riuscita sempre ma vi assicuro che ho dato tutta me stessa.

Quello che vi arriva ora da parte mia è un grido di rabbia e di dolore. Una richiesta d'aiuto che faccio a voi perchè non so più dove andare a sbattere la testa.Vivo a Parigi da quattro anni. Il 4 novembre scorso mi sono sposata e a fine 2007, se tutto andrà bene avrò la cittadinanza francese. Philippe, mio marito, ha una bimba che oltretutto ha problemi di salute . Loro sono la mia famiglia, noi siamo una famiglia.. Da anni chiedo di poter lavorare a Parigi, ma non trovo che porte in faccia o promesse illusorie che durano uno o due giorni.

Circa tre anni fa parlai la prima volta con il Direttore del Personale Gianfranco Comanducci che mi disse di trovarmi un Direttore che mi inviasse a Parigi. Nel 2004, dal momento che Daniele Renzoni era già da tempo da solo, parlai con Mauro Mazza, Direttore del Tg 2 che mi disse: "faro' il tuo nome nella riunione per gli inviati non ho nessuno dei miei che vuole andare"... Ma qualche giorno dopo mi richiamò e mi disse: "scusami, mi spiace tantissimo ma ho Mimun che preme per V.F. e devo mandare lui"! Poi fu la volta di G.B., che attualmente è ancora solo. Giorni fa ho riparlato con Mazza ma sembra che ora voglia andare F.C.

Cosa devo fare? Sono disperata!!! Qui c'e di mezzo una famiglia! possibile che il ricongiungimento familiare esista per gli extracomunitari (giustissimo) e per me non ci sia una soluzione? C'e una bambina di mezzo che ha diritto anche lei. Mio marito, da 25 anni si occupa di ciclismo, è la prima firma dell'Equipe e viaggia molto. Se io posso lavorare a Parigi e vivere a casa mia posso occuparmi della bambina, e avere una vita normale. Non due case una a Roma, l’altra a Parigi, Un viaggio ogni turno di riposo!!!Chiedo solo una vita normale. Chiedo il diritto a vivere lavorando nella città dove ho i miei affetti più cari. Perchè non posso lavorare a Parigi dove la Rai ha una sede?

Mi è stato detto che ci sono difficoltà perché una volta a Parigi potrei rivendicare il ruolo di corrispondente!!! Ma io non ne faccio una questione di soldi. Lavorerei con il mio stipendio. Accetterei qualsiasi compromesso.

Vi sto scrivendo con le lacrime agli occhi e con il cuore in mano ma con la certezza che voi saprete farvi ascoltare in maniera più decisa e forse con meno coinvolgimento emotivo di me. Ovunque vado mi parlano di contratto, di impossibilità, come dicevo sopra, di indennità di corrispondenza, ecc. ecc. Tutto questo con il ricongiungimento con la mia famiglia credo non abbia nulla a che vedere. Spero solo che ci sia qualcuno pronto a battesi per aiutarmi affinchè una cosa giusta possa realizzarsi.Vi abbraccio e vi ringrazio Alessandra De Stefano

01 novembre 2006

"Soldi di razza" migranti e Bossi-Fini. Libro di Melilli


... "In otto ore, fu compiuta una strage. Una delle tante, in verità. Ma questa è “speciale”. Fa parte di un altro Olocausto, dimenticato e nascosto. Quattromila zingari - il più piccolo aveva sette anni e si chiamava Jan Holomek - furono uccisi con il gas, quella notte. Cinquecento esecuzioni ogni ora, un record dell’orrore. A Jan, quella sera, dissero che lo portavano dai genitori. Il bambino non vide più mamma e papà. Non poteva sapere che un’ora prima, anche a loro, avevano detto la stessa cosa: vi portiamo da vostro figlio. A morire, tutti. Seicentomila morti. Tante furono le vittime della ferocia nazista. Erano tutti zingari. Da sempre minoranza in ogni Paese che li ospita (spesso, malvolentieri) gli zingari sono ormai parte fondante di un vasto repertorio di qualunquismi e giustizialismi sempre più radicati nelle nostre società"....

Cosi' inizia il libro di Massimiliano Melilli "Soldi di Razza. L'economia multietnica in Italia" (Editori Riuniti). L'autore ha visitato luoghi e comunità di stranieri, ascoltato le loro storie e visto da vicino i loro mondi. Sullo sfondo, la scoperta di un'economia che incide sul Pil nazionale ma anche sul malaffare e sull'attività delle Procure antimafia . Uomini, storie, numeri nell'Italia che ci lascia in eredità la Bossi-Fini.


Martedì 7 novembre ore 17,30

Caffè Letterario, Via Ostiense 83,95 -
Roma

presentazione del libro "Soldi di razza" di Massimiliano Melilli
(Editori Riuniti)

intervengono

Paolo Ferrero, ministro per le politiche sociali

Ali Baba Faye, responsabile nazionale immigrazione Ds

Franco Pittau, coordinatore del Dossier statistico immigrazione della Caritas

modera

Paolo Naso, direttore della rivista Confronti

sarà presente l’autore

Massimiliano Melilli è nato a Comiso nel 1968. Giornalista a RaiNews24, editorialista per il Corriere del Veneto - Corriere della Sera , è membro dell'Associazione Articolo 21 per la libertà d'informazione. Ha vinto il Premio «Città di Fiesole» per il miglior reportage culturale.

Ha pubblicato Punta Galera (2000), La civiltà del sorriso (2001), Malati di confine (2002), Europa in fondo a destra (2003), Scritture civili (2006). Con Editori Riuniti ha pubblicato Mi chiamo Alì. Identità e integrazione: inchiesta sull'immigrazione in Italia (2003).

22 ottobre 2006

IN IRAQ SEGUACI DI AL QAIDA LAPIDANO UNA GIOVANE DONNA


dall' Ansa

Una giovane irachena di 22 anni e' stata condannata a morte e poi lapidata dai seguaci di Al Qaida sulla pubblica piazza nella cittadina di Al-Qaim al confine con la Siria. Si hanno pochi particolari dell'esecuzione, vi riecheggiano comunque le crudeli sofferenze cui i Taleban sottoponevano le donne in Afghanistan. Ma la mortale tortura con il lancio di pietre e' tuttora praticata in diversi Paesi dove vige la sharia, la legge che parte dei religiosi islamici dicono ispirata dal Corano, ma che il Corano non contiene. E' una legge di uomini che sfruttano l'ignoranza religiosa della gente per imporre il loro potere con la paura e la violenza e che attribuiscono a Dio l'orrore e la crudelta' che sgorga solo dai loro cuori.

Ecco una breve descrizione delle esecuzioni con la lapidazione.

Gli adulteri devono essere colti in flagrante e il reato deve essere suffragato dalla testimonianza di quattro uomini, una prova quasi impossibile da acquisire. Per ogni testimone di sesso maschile mancante serve la deposizione sotto giuramento di due donne, in quanto in molti Paesi islamici la testimonianza di una donna in tribunale vale la meta' di quella di un uomo.

Le esecuzioni avvengono generalmente in pubblico. Le pietre non devono essere ne' troppo grandi, per evitare una morte troppo rapida, ne' troppo piccole, per non prolungare eccessivamente la tortura. Tra i carnefici vi sono generalmente
un magistrato e i rappresentanti della parte lesa, anche donne.

Tra un lancio di pietre e l'altro devono essere recitati versetti coranici. I condannati vengono sepolti nella terra o nella sabbia ricoperta di pietre, gli uomini fino alla cintola e le donne fino alle ascelle. Se riescono a divincolarsi e a
fuggire, devono essere graziati e tornare a piede libero.

Le diverse modalita' penalizzano tuttavia le donne, che difficilmente riescono a liberarsi con il corpo quasi completamente conficcato nella terra.

Sempre nell'ovest dell'Iraq, i seguaci iracheni di Al Qaida - raccolti nel Consiglio dei Mujaheddin - hanno distribuito volantini vicino alle moschee e alle scuole della cittadina di Hit (a 260 km. da Baghdad) in cui hanno intimato alle ragazze dai 14 anni in su di non frequentare le scuole. Nei volantini, il braccio iracheno di Al Qaida ha inoltre vietato l'istruzione mista nelle scuole di ogni grado e ha minacciato di morte chiunque violera' il divieto.

DARE VOCE ALLE TANTE NOTIZIE DIMENTICATE







di Iva Testa

E' certamente importante che il TG1 affronti finalmente in modo autorevole uno dei tanti problemi nascosti dai media, come quello della violenza sessuale.
Il TG1 dovrebbe essere il telegiornale più completo, esatto nel fornire le notizie, impeccabile nell'impaginazione, attento al montaggio dei servizi.....perchè corrisponde, o almeno dovrebbe , al Corriere della Sera.

L'informazione, scritta o, televisiva, radiofonica, satellitare, nella RAI purtroppo attraversa momenti difficili..

Sono molti i colleghi che cercano di lavorare con automia e professionalità, ma si scontrano com i mille ostacoli frapposti non solo da interferenze improprie, ma anche con i cosiddetti " compagni di banco " che spesso fanno riferimento a soggetti impropri.

Credo che il segnale del TG1 sia importante ma spero che non sia l'unico....
Noi che crediamo ancora nel mestiere antico e moderno del giornalista lavoriamo e continueremo a lavorare come abbiamo sempre fatto...nella speranza che anche la nostra Azienda possa dare voce non solo alle notizie di prima pagina ma anche alle tante dimenticate...

16 ottobre 2006

IL TG1 E LA VIOLENZA SULLE DONNE

di Grazia Gaspari

Per la prima volta il piu’ autorevole telegiornale della Rai, il TG1, scende in campo per prendere apertamente posizione contro la violenza sulle donne. Ed e’ la prima volta che lo fa, affidando il commento ad una conduttrice Maria Luisa Busi che cosi’ diventa parte integrante del contenuto della comunicazione e non solo semplice strumento.

Ho inviato queste breve scritto, anche a nome del nostro Coordinamento di giornaliste Rai, al Direttore del TG1, Gianni Riotta per ringraziarlo per la presa di posizione esplicita del telegiornale che dirige. E' estremamente importante che si scenda in campo e si faccia sentire a tutti quanto sia orribile, brutale e odiosa la violenza in particolare quella verso i soggetti piuà deboli!!!

Secondo una recente indagine del Consiglio d’Europa, la violenza contro le donne, in particolare quella domestica, commessa dal marito, fidanzato o padre è la prima causa di morte e invalidità permanente per le donne fra i 16 e i 44 anni, ancora prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra. Secondo un altro studio basato su 50 ricerche svolte in tutto il mondo, almeno una donna su tre nella vita, è stata picchiata, costretta a rapporti sessuali o ha subito altri tipi di abuso.

Nel nostro Blog del 16 settembre, abbiamo pubblicato con il titolo "LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE CI RIGUARDA, PRENDIAMO LA PAROLA COME UOMINI" un appello con le firme di numerosi uomini provenienti dai più disparati percorsi politici, culturali, religiosi, sessuali, che hanno deciso di reagire in qualche modo ai terribili fatti di violenza alle donne che le cronache hanno riportato alla nostra attenzione negli ultimi mesi. Alcuni vengono da esperienze politiche tradizionali, altri vengono da movimenti studenteschi, pacifisti e ambientalisti, altri ancora hanno cominciato a riflettere su questi temi a partire da relazioni affettive o di amicizia o da scambi con il movimento delle donne, ecc.

Certo si tratta di iniziative ancora limitate, ma una presenza maschile contro la violenza degli uomini assume un importante valore simbolico. Come assume un importante valore simbolico e non solo, la presa di posizione del TG1. E’ quella che amo definire l’etica dei piccoli atti perche' ci costringe a ripensare in modo piu' profondo e operativo alla nozione di solidarieta' e di tolleranza, di diritti e di doveri.

09 ottobre 2006

LA RIFORMA CHE SOGNIAMO, IL SINDACATO CHE VOGLIAMO


Riceviamo questo Manifesto - Appello firmato da 46 colleghi Rai che verra' prensentato al Congresso di Montesilvano e che volentieri pubblichiamo








Nel mondo della comunicazione che cambia vogliamo un Servizio Pubblico radiotelevisivo forte, propulsivo, multimediale, che abbia come missione il primato , soprattutto nell’informazione e nei nuovi linguaggi. Che sia per questo prevalentemente finanziato con un canone.

Un Servizio Pubblico senza guinzagli, dove i partiti si allontanino dalla gestione diretta, le professionalità siano riconoscibili, donne e uomini possano sempre sentirsi a casa loro, come professionisti e come utenti. Un Servizio Pubblico senza discriminazioni di sesso come ci chiede l’Art. 51 della Costituzione

Un Servizio Pubblico a forte vocazione europea e internazionale, che interpreti la propria missione nazionale come volano per dare al paese il senso di una modernità non subalterna . Che produca innovazione:
* nel modo di fare radio e televisione.
* nel modo di stare nella rete,
*come generare contenuti e competenze.

Un Servizio Pubblico che non avverta il cambiamento come un tributo e il futuro come una minaccia.

Un Servizio Pubblico dove un’informazione ramificata, innovativa e autorevole sia un valore fondante, riconosciuto da una comunità che voglia vivere a pieno titolo nella società della conoscenza.

Il Servizio Pubblico che sogniamo non potrà esistere senza una nuova cultura dell’informazione. Senza che i giornalisti Rai siano professionisti - protagonisti del cambiamento. Per questo vogliamo:
- un sindacato forte, progettuale, aperto.
- un sindacato che costruisca il suo congresso come volano culturale per tutta l’azienda
- un congresso che elabori, discuta e punti su un vero salto di qualità. Che su questo incalzi la politica, il governo del paese per una reale riforma del sistema.

Sappiamo quanto forti possano essere le resistenze al processo riformatore. Con fermezza dobbiamo superarle, tutte. Che vengano da noi, dalla nostra stessa difficoltà ad accettare i cambiamenti, che vengano dalla politica restìa a lasciare un campo che da sempre considera proprio.

A queste pur comprensibili resistenze, opponiamo un solido argomento:
“Accettare i cambiamenti vuol dire regalarsi un futuro”.

ALCUNE RIFLESSIONI SUL NOSTRO CONGRESSO


Si apre martedi a Montesilvano (Pescara) il decimo Congresso dell'Unione Sindacale Gornalisti Rai, dal titolo "Piu' servizio, piu' pubblico". Ogni congresso e' importante, ma questo lo e' in particolare per la fase di transizione che il paese, il mondo dell'editoria e l'azienda attraversano. Non solo, all'orizzonte, l'innovazione tecnologica rischia di travolgere strutture e professionalita' non preparate ad affrontare il "nuovo" e i "nuovi" soggetti emergenti, tra cui le donne.





di Iva Testa (Gr Parlamento)


Innanzitutto bisogna considerare la situazione del sindacato dei giornalisti.
La FNSI è alle prese con una trattativa molto difficile per il rinnovo del contratto nazionale, visto che la FIEG, al cui tavolo siedono anche gli editori RAI, vorrebbe mantenere il vecchio contratto e puntare sugli integrativi.
Questo danneggerebbe inevitabilmente i tanti giornali deboli, per non parlare dei numerosi colleghi che lavorano con contratti a tempo determinato.
Veniamo alla RAI, l' Azienda versa in una situazione confusionale. Le risorse, ad esempio, sono destinate soprattutto alle reti e non all'informazione che un tempo era considerato il cor business. Sono altrettanto bassi gli investimenti a favore delle nuove tecnologie. Pensiamo al satellite. La concorrenza di SKY è spietata, e Rainews24 dovrebbe avere maggiori investimenti.
Per non parlare dei TG che ancora usano il montaggio in elettronico, o della radio, con un digitale obsoleto.
Forse tutto ciò deriva dall'intreccio storico e perverso tra la politica e il management della RAI.
Allora qual'è il ruolo del sindacato del giornalisti della RAI?
Quello di garantire il rispetto delle regole contrattuali, di essere la casa di tutti quelli che lavorano con autonomia e non legati agli sponsor.. C'è una evidente penalizzazione per i giornalisti liberi, le carriere sono bloccate, soprattutto per le donne.

21 settembre 2006

CULTURA CONTRO VIOLENZA


All'Appello degli Uomini contro la Violenza, pubblicato qui sotto, risponde Iva Testa (Gr Parlamento)

Le cronache di questi ultimi tempi sulla violenza sessuale invitano certamente ad una riflessione..Ma la violenza contro le donne è antica.

Molte di noi l'hanno raccontata nei mezzi d'informazione cercando a volte di imporne i dovuti resoconti con fatica..La violenza sessuale " fa notizia" solo se è efferata..Sono invece troppe, continue le violenze quotidiane,vissute da donne,bambine, bambini..

Nei primi anni 90 realizzai un dossier in televisione sullo stupro. Visitai molte case delle donne , parlai con un sacerdote di Firenze che aiutava le giovani costrette a prostitursi..Poi arrivai a Milano , perchè un bambino di 9 anni era stato violentato da tutta la famiglia: genitori, zii, nonni.Scoprii che nella capitale industriale italiana la maggior parte delle violenze contro i minori veniva consumata nelle famiglie della piccola e media borghesia.

Una neuropsichiatra infantile mi raccontò che curava bimbi violentati che avevano anche meno di due anni di vita. La Questura della stessa città aveva composto una squadra di donne molto preparate che scoprivano i soprusi, nascosti per paura, dai minori, grazie ad un buon collegamento con le scuole.Infine un pool di magistrati che, primi al tempo, interrogavano i minori violentati attraverso l'audizione protetta, come negli Stati Uniti.

Sono passati molti anni...le cose non sono molto cambiate, anche se sono piu' conosciute. La violenza sessuale è un rito arcaico, selvaggio....nasce dalle profondita' bestiali dell'animo umano. Occorrono strumenti adeguati per fronteggiarla, certo, ma il vero, profondo intervento è culturale..

LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE CI RIGUARDA: PRENDIAMO LA PAROLA COME UOMINI

Riceviamo questo appello e volentieri lo pubblichiamo. I puntini sottolineano i passaggi che abbiamo tagliato per rendere piu' agile la lettura del documento


Assistiamo a un ritorno quotidiano della violenza esercitata da uomini sulle donne. Con dati allarmanti anche nei paesi “evoluti” dell’Occidente democratico. Violenze che vanno dalle forme più barbare dell’omicidio e dello stupro, delle percosse, alla costrizione e alla negazione della libertà negli ambiti familiari, sino alle manifestazioni di disprezzo del corpo femminile.

Una recente ricerca del Consiglio d’Europa afferma che l’aggressività maschile è la prima causa di morte violenta e di invalidità permanente per le donne in tutto il mondo. E tale violenza si consuma soprattutto tra le pareti domestiche..
………………
La rivoluzione femminile che abbiamo conosciuto dalla seconda metà del secolo scorso ha cambiato radicalmente il mondo…….

L’affermarsi della libertà femminile non è una realtà delle sole società occidentali. Il moto di emancipazione e liberazione delle donne si è esteso, con molte forme, modalità e sensibilità diverse, in tutto il mondo…….

Oggi attraversiamo una fase contraddittoria, in cui sembra manifestarsi una
larga e violenta “reazione” contraria al mutamento prodotto dalla rivoluzione femminile…...Un altro sintomo inquietante è il proliferare di mentalità e comportamenti ispirati da fondamentalismi di varia natura religiosa, etnica e politica, che si accompagnano sistematicamente a una visione autoritaria e maschilista del ruolo della donna.....

Dopo i casi drammatici registrati dalla recente cronaca, si è parlato dell’esigenza di un maggiore ruolo delle istituzioni pubbliche, sino alla costituzione come parti civili degli enti locali e dello stato nei processi per violenze contro le donne.

Noi pensiamo che sia giunto il momento, prima di tutto, di una chiara presa di parola pubblica e di assunzione di responsabilità da parte maschile. ….E’ necessario un salto di qualità, una presa di coscienza collettiva.

Una forte presenza pubblica maschile contro la violenza degli uomini potrebbe assumere valore simbolico rilevante. Anche convocando nelle città manifestazioni, incontri, assemblee, per provocare un confronto reale, confronto che sia capace di determinare un capovolgimento nei comportamenti concreti di ciascuno di noi.


Primi firmatari

Alberto Leiss, Marco Deriu, Stefano Ciccone, Jones Mannino, Massimo Michele Greco, Sandro Bellassai, Claudio Vedovati.

Adesioni

Davide Rossi, Umberto Varischio, Gianfranco Proietti, Luca Proietti, Giuseppe Colosi, Lino Giaccone, Diego Bortolameotti, Francesco Lauria, Beppe Pavan, Daniele Barbieri, Roberto Poggi, Massimiliano Luppino, Andrea Baglioni, Luigi Zoja, Fausto Perozzi, Alessio Surian, Gianluca Borghi, Mattia Toscani, Eugenio Caggiati, Marcello Acquarone, Attilio Mangano, Roberto Illario, Daniele Bouchard, Luciano Sartirana, Corrado Roncaglia,, Franco Toscani, Giacomo Mambriani, Marco Cazzaniga, Gianni Ferronato, Livio Dal Corso, Carlo Marchiori, Marco Sacco, Vanni Bertolini, Francesco Camattini, Luciano Marmocchia, Giuseppe De Nigris, Marco Cervino, Gianni Caligaris, Domenico Matarozzo, Sandro Mezzadra, Stefano Sarfati Nahmad, Alberto Moreni, Enrico Ottolini, Vittorio Cotesta, Alessandro Bosi, Franco Caldera, Ettore Lo Maglio Silvestri, Goffredo Fofi, Cesare Del Frate, Daniele Licheni, Nicola Sinopoli, Enrico Euli, Roberto Verdolini, Antonio D’Andrea, Silvano Cogo, Christian Carmosino, Sandro Coccoi, Giacomo Truffelli, Gianfausto De Dominicis, Michele Citoni, Franco Insalaco, Gigi Malaroda, Andrea Rigon, Nicola Negretti, Nicola Ricci, Mario Gritti, Gianfranco Neri, Osvaldo Pieroni, Andrea Lavagnoli, Antonio Cinquantini, Paolo Scatena, Antonio Canova, Michele Poli, Domenico Rizzo, Stefano Montali, Fernando Lelario, Alessio Miceli, Alessandro Quintino, Gabriele Galbiati, Renato Sebastiani, Giuliano Dalle Mura, Stefano Vinti, Pietro Craighero, Rino Genovese, Giampiero Bernard, Lorenzo Di Santo.



Le ragioni di questo appello

L’appello che diffondiamo in questi giorni reca le firme di uomini provenienti dai più disparati percorsi politici, culturali, religiosi, sessuali, che hanno deciso di reagire in qualche modo ai terribili fatti di violenza alle donne che le cronache hanno riportato alla nostra attenzione negli ultimi mesi. Alcuni vengono da esperienze politiche tradizionali, altri vengono da movimenti studenteschi, pacifisti e ambientalisti, altri ancora hanno cominciato a riflettere su questi temi a partire da relazioni affettive o di amicizia o da scambi con il movimento delle donne.

Si tratta di percorsi semplicemente individuali. Ma anche di esperienze, spesso informali, di gruppi di autocoscienza e di discussione su diverse questioni (stupro, guerra, prostituzione, pedofilia). Esistono attualmente in Italia gruppi di uomini di questo genere in diverse città: “Uomini in cammino” di Pinerolo, “Maschile plurale” di Roma, “Maschile plurale” di Bologna, il “Gruppo uomini” di Verona, il “Gruppo uomini” di Viareggio, il “Gruppo uomini” di Torino, il “Gruppo uomini di agape”, “Il cerchio degli uomini” di Torino, l’“Associazione uomini casalinghi” di Pietrasanta, a cui si aggiungono gruppi misti di uomini e donne “Identità e differenza” di Spinea, “La merlettaia” di Foggia, il “Circolo della differenza” di Parma, il “Gruppo sui generis” di Anghiari, il “Gruppo sul patriarcato” di Roma promosso dal “Forum Donne PRC”.

Queste occasioni di riflessione hanno dato vita a un ampia produzione di articoli, libri, incontri, convegni, sui temi della maschilità e dei rapporti tra i sessi (anche se finora con scarsa attenzione da parte dei media). Negli ultimi anni si sono infittite le occasioni di incontro e confronto a livello nazionale tra uomini e anche tra uomini e donne con alcuni appuntamenti oramai riconosciuti (ad Agape, Asolo, Anghiari fra gli altri). …
Ci auguriamo che questo appello non sia semplicemente un atto formale: ne proporremo la lettura e la discussione agli uomini che operano nella politica e nelle istituzioni, nelle università e nelle scuole, nei media, nei sindacati, nell’associazionismo, nei servizi, nelle comunità di immigrati, nelle realtà religiose.

A tutti gli interessati diamo appuntamento per un incontro pubblico il 14 ottobre a Roma, per scambiare opinioni e elaborare ogni possibile ulteriore iniziativa.

Intanto ci auguriamo che le adesioni continuino ad arrivare. Chi volesse aggiungersi ai firmatari può scrivere all’indirizzo
: appellouomini@libero.it
Per contatti 338/5243829, 347/7999900.