11 dicembre 2006

In ricordo di JANIE NEMATI ELAHI

di Grazia Gaspari


Ricorre oggi il centenario della nascita di Malek Jan Nemati Elahi, una donna del tutto particolare, che ho conosciuto anni fa e che voglio ricordare in questo piccolo Blog perche’ nessuno meglio di lei lo illumina e lo onora. Una donna vissuta in un’altra epoca, ma che difese con coraggio, nonostante l’ambiente totalmente sfavorevole, i diritti della persona, in particolare della donna.


Malek Jan Nemati Elahi, soprannominata affettuosamente Janie, nacque l’11 dicembre del 1906 a Jeyhounabad, un villaggio del Kurdistan iraniano. La conobbi per quelle strane circostanze cui ci porta il nostro lavoro di giornaliste. Su di lei scrissi un articolo nel luglio del 1993 per il Manifesto, che oggi ripubblico sostanzialmente tale e quale.


Janie mi riporta ad Alessandra De Stefano, bravissima collega, donna intelligente e senbile, coraggiosa e ingenuamente “fuori dai giochi” che senza alcuna protezione familiare (e’ orfana) o politica, tenta di far valere il proprio diritto a vivere con il marito e la figlia.


L’insensibilita’, l’ottusita’ delle istituzioni spinge spesso le persone all’esasperazione (non dimentichiamo il tentativo di un padre di darsi fuoco davanti alle telecamere a TG2 – 10 minuti). Se le persone che le dirigono potessero vedere il male che arrecano al prossimo e come questo male, poi, ritornera’ su di loro, cambierebbero totalmente atteggiamento.


Per questo dedico il ricordo di Malek Jan Nemati ad Alessandra.





SHEYKH. “SANTA” E CIECA CON MIGLIAIA DI PROSELITI
La scomparsa della curda Sheykh narrata da vicino.
L’amore per la poesia e la musica
e il suo pensiero religioso



E' scomparsa recentemente a Parigi, al­l'età di 87 anni, Jani Nemati Elahi, cono­sciuta sotto il nome di Hazrate Sheykh. Molti sostengono che fosse una santa. Altri una sapiente. Certo, non era una persona comune. Oltre ad essere una straordinaria musicista (suonava al­la perfezione diversi strumenti) e a possedere una vasta cultura che spaziava dalla letteratura alla scienza (ogni giorno, tra l'altro, si faceva leggere il giornale per essere informata su quanto accadeva nel mondo) , aveva un tale spessore umano e una tale profondità spirituale dal lasciare sorpreso chiunque l’avvicinasse.

Nonostante le sue doti, evidenti, e il grande seguito di per­sone. Jani Nemati Elahi non volle mai mettersi in mostra. Vestiva sempre di bianco, abiti semplici senza ornamenti, e in testa, sopra la sua lunga treccia di capelli neri, una cuffia an­ch'essa bianca. La sua bellezza fisica era rafforzata tuttavia da quel tipo di luce che attingendo a sconosciute profondità dell'essere, irradia la persona dall'inter­no.

La conobbi alcuni anni prima. Nonostante l'età era ancora molto bella. Soprattutto era il contrario, l'antitesi, di tutto ciò che è im­perante sul grande palcoscenico del mondo: successo, ricchezza, afferma­zione, esibizione, avidità, aggressività e così via. Lei era l’anti per eccellenza All’età di vent'anni perse la vista e fu costretta ad una sofferenza e ad una minorazione molto dure. Ma a chi le domandava se desiderasse riacquistare la vista, rispon­deva: «Che Dio mi guardi, non cambie­rei nulla di quello che ho ottenuto!». Infatti, a chi le era particolarmente vicino, raccontava di ciò che vedeva e di ciò che sentiva dell'altra dimensione, e qualche volta lasciava che lo raccontas­se a tutti. Non era un racconto per esibire poteri sovrannaturali, era piuttosto un racconto consolatorio e di incita­mento. Come una madre affettuosa, cercava di far capire che la vera realtà dell'essere non è in questa limitata, an­gusta dimensione, ma che ben altri mondi sono a disposizione dell'uomo. Primo fra tutti, quello della propria per­fezione.

Janie, come ho detto, nacque in un villaggio curdo ad ovest dell'Iran. Suo padre, ultimo discendente di una dinastia di mistici, piccolo proprietario terriero, stimato per la sua integrita’ morale, si consacro’ sostanzialmente alla propria famiglia e alla vita spirituale. Da suo pa­dre, Janie apprese la musica e l'amore per la poesia. Sin da bambina fu autorizzata a partecipare alla riunioni religiose e a benedire il cibo, prerogativa riser­vata esclusivamente agli uomini.

In quell'ambiente, Janie crebbe assieme ad un fratello maggiore e ad una sorella più piccola. Quando suo fratello e suo maestro Ostad Elahi (magistrato che dedico’ la propria vi­ta alla ricerca della Verità scrivendo li­bri e fondando la Via della perfezione) scomparve, divento’ lei il punto di riferi­mento dell'intero movimento spirituale, anche se le norme e le regole cui lei si attenne e che insegno’ erano quelle che Ostad, dopo suo padre, le aveva insegna­to.

Oggi, mgliaia e migliaia di iraniani, ma non so­lo loro, tutti gli allievi dislocati nel mon­do piangono la sua scomparsa.

Era sempre disponibile. Aiutava chi aveva problemi economici, di cuore, chi soffriva, chi non era in buona salute. Dava a tutti a piene mani. Dava calore umano, semplicità, ospitalità, saggezza e soprattutto aiutava chi cercava Dio, a trovarlo. Lei, una donna non sposata, vissuta sostanzialmente in un piccolo villaggio, aveva una conoscenza molto vasta e un'altrettanto vasta pazienza. Non si seccava mai, ascoltava e sopportava tut­ti: non si vantava mai di nulla, non dice­va mai «io». Qualcu­no che le era molto vicino ha così com­mentato la sua scomparsa: «E' come una madre che parte e che lascia i suoi bam­bini in un deserto nero e oscuro. Mi sento come un cuore senza anima Lei era la mia anima».

I suoi miracoli erano noti in tutta la regione tanto che a migliaia andavano da lei, ma se qualcuno le accennava qualcosa diceva: «Non so perché Lui (Dio) li faccia passare a mio nome e me ne faccia portare la gloria. Io non c'entro niente».

Ho rivisto Jani Nemati Elahi po­chi giorni prima della sua morte, a Pari­gi, dove era andata per curarsi nono­stante sapesse bene che non sarebbe più tornata a casa. Lo faceva per ubbidienza e per dovere. Anche in quell'occasione, come prima (quando mi aiutò’ facendomi capire quanto bene si potesse fare usando l’informazione) non lascio’ che me ne andassi a mani vuote, o meglio a spirito vuoto.

Si potrebbe parlare per ore di questa donna. Vorrei tuttavia con­cludere ricordando l’impegno, la sua lotta per l'affermazione dei diritti delle donne nonostante l'ambiente conformista e ostile. Grazie all’ascendente che esercitava sui suoi concittadini, cercava di far loro capire che uomini e donne sono uguali, che anche le figlie e non solo i ragazzi dovevano essere educate e mandate a scuola, che dovevano partecipare alla vita religiosa, che non dovevano essere diseredate perche' donne. Nel proprio ambien­te, ma in tutte le situazioni possibili, lotto’ perché la donna non rimanesse ai margini, priva di diritti o di dignità. Ha fatto molto, su molti piani.

Di lei, un artista ha detto: "e' dolce come la brezza del mattino. Presso di lei non si ha ne' caldo, ne' freddo, si e' ricolmi"

Altre e piu' dettagliate informazioni le trovate nel sito http://www.saintejanie.org/



1 commento:

Anonimo ha detto...

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