08 febbraio 2013

La Chiesa cattolica esorta il legislatore ad occuparsi delle coppie di fatto






di Iva Testa 

E' ormai tempo che i legislatori si occupino dei diritti delle coppie di fatto.


La dichiarazione può sembrare un pò scontata ma non affatto banale se a pronunciarla é monsignor Vincenzo Paglia, neo Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia. Dopo i ripetuti anatemi del Papa contro i matrimoni gay, la Santa Sede ribadisce questa posizione ma al tempo stesso fa un'apertura alla tutela legale di altre forme di convivenza. 


No alle nozze gay, dice Monsignor Paglia, ma si al riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto e omosessuali secondo il codice civile.

In queste parole c'é la chiave della soluzione. Per la Chiesa cattolica bisogna pescare nel codice  le fattispecie giuridiche necessarie e, magari, integrarle senza alcuna equiparazione con il matrimonio. La ricetta era già stata proposta otto anni fa dall'allora  Presidente della CEI, Camillo Ruini e servì come base di partenza per il disegno di legge formulato dal governo Prodi ma poi affossato dai contrasti interni alla variegata  maggioranza di centrosinistra.



Da allora in Italia nulla é stato fatto, ma il contesto sociale é di gran lunga cambiato.

I movimenti gay guardano agli esempi della Francia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti, dove divampa il dibattito sull'istituzione del matrimonio gay, mentre in Spagna é già legge dai tempi di Zapatero.

L'intransigenza della Santa Sede espone la Chiesa ad una pressione crescente. Basti pensare alla recente protesta delle attiviste ucraine femministe in Piazza San Pietro. Viene così rilanciata la vecchia proposta del Cardinale Ruini: cedere qualcosa per non perdere tutto. Con una importante novità: la Chiesa, dice Monsignor Paglia, é schierata per la prima volta  contro la discriminazione delle persone omosessuali nel mondo.

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