12 febbraio 2013

SE LA TUNISIA AVRA' UN VOLTO DEMOCRATICO SARA' QUELLO DI BASMA: GRANDE NEL SUO DOLORE, DEGNITOSO NELLA SOFFERENZA, FIERO NEL SUA BATTAGLIA


da Tunisi,  Patrizia Mancini 

Basma Khalfaoui, la vedova di Chokri Belaid, il leader dell'opposizione laica  ucciso nei giorni scorsi, avvocatessa e militante dell’Association des femmes démocrates, è diventata in questi giorni il simbolo della resistenza tunisina contro la violenza politica e il tradimento delle istanze rivoluzionarie 



La sua immagine con il braccio alzato nel gesto della vittoria ha fatto il giro del mondo e rimarrà impressa per sempre nella memoria collettiva del popolo tunisino. Da due giorni Basma manifesta davanti alla sede dell’Assemblea Costituente tunisina per chiedere le dimissioni del governo la cui politica sulla sicurezza "a senso unico", ha  in qualche modo lasciato spazio alla violenza politica che ha raggiunto il suo apice con l’assassinio di Chokri Belaid. 


E oggi, 12 febbraio 2012, Besma ha portato la sua solidarietà a un’altra vedova, la signora Lazar, moglie dell’agente di polizia morto in circostanze poco chiare durante i disordini registrati all’indomani dell’uccisione del leader marxista. 



Ma l’avvenimento più straordinario di queste giornate tristi e turbolente è rappresentato senz’altro dalla partecipazione massiccia delle donne al corteo funebre e alla sepoltura di Belaid.  Infatti, contrariamente a quanto riportato da alcuni giornali italiani, come "La Repubblica", più della metà delle centinaia di migliaia di persone che hanno accompagnato la salma del militante assassinato erano donne che hanno tra l'altro rappresentato l’ala più combattiva e rumorosa della marcia verso il cimitero di Djallez, così come era già accaduto durante le manifestazioni contro Ben Alì. 

Tra l'altro, episodio insolito e del tutto straordinario rispetto alla tradizione del rito funebre musulmano che vuole le donne assenti alla preghiera nel giorno della sepoltura anche in caso di una sepoltura femminile, alle esequie hanno partecipato Basma e la figlia maggiore del leader assassinato.  

E a poco  servirà,  probabilmente,  il “richiamo all’ordine” del Ministro degli Affari religiosi Nourredine Khadmi che ha per l'appunto condannato come deviante ai precetti dell'Islam,  la presenza femminile al funerale. Infatti ha già risposto Hamma Hammami, portavoce del Fronte Popolare, che lo ha accusato di non essere credibile, dove era infatti quando in passato furono distrutti i mausolei dei santi tunisini e le copie del Corano in essi custoditi? Quei gesti vandalici e oltraggiosi non erano un affronto all'Islam?



Dunque una linea rossa è stata oltrepassata dalle donne in questi giorni. Non è stata la prima, certamente non sarà l’ultima. E’ innegabile  come altre azioni femminili abbiano segnato le vicende post rivoluzionarie e introdotto elementi di speranza e di  contraddizione nelle dinamiche sociali. Il 13 agosto 2012, ad esempio,  in pieno periodo di Ramadan, un’enorme manifestazione nella capitale ha contestato e fatto ritirare una
proposta di Nahdha, il  partito moderato islamico,  di introdurre nella nuova costituzione il concetto di complementarietà della donna nei confronti dell’uomo, emanazione di una lettura letterale del Corano. 

E ancora: l'episodio della giovane violentata da due poliziotti alla periferia di Tunisi e inizialmente accusata di “oltraggio al pudore” perché sorpresa in auto con il fidanzato, ha mobilitato migliaia di donne e ha portato al ritiro delle assurde accuse nei confronti della ragazza e alla condanna e al carcere per i due violentatori. La ragazza ha avuto anche il coraggio di apparire, a volto coperto, in una trasmissione televisiva in cui ha narrato la sua vicenda: una prima assoluta nella storia della televisione nazionale. 

Non è un caso poi se sia stata una giovane universitaria, Khaoula Rchidi, l’unica ad aver avuto il coraggio di affrontare un fondamentalista che aveva sostituito la bandiera tunisina con il drappo nero salafita sul tetto dell’Università della Manouba. 

E davanti ai tribunali militari sono sempre loro: madri, mogli e sorelle delle vittime della rivoluzione che ormai da quasi due anni reclamano giustizia e verità per i loro cari. Come Fatma, la madre di Ahmed, freddato a Tunisi nel gennaio 2011 da un cecchino, la quale ha chiesto pubblicamente al presidente della Repubblica Moncef Marzouki di togliersi dal bavero della giacca la medaglietta con l’immagine di suo figlio, poiché ancora a oggi il governo non è stato in grado di dare risposte su quell’uccisione. 



Come non citare poi  l’ostinazione delle madri dei ragazzi dispersi all’indomani della loro fortunosa partenza per Lampedusa e dei quali si è persa ogni traccia su entrambe le sponde? Ancora non si rassegnano e chiedono conto sia della sorte dei loro figli che delle politiche migratorie dei due paesi. 

La Tunisia sta attraversando il momento più difficile del periodo post rivoluzionario e il suo superamento dipende da tutti, governo e opposizioni. E l’esempio di Basma Khalfaoui deve dare un nuovo coraggio, una nuova spinta, un nuovo impulso a tutti i tunisini. Le donne, loro, già lo sanno.

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