12 settembre 2013

Da Fondazione Luigi Pintor 




“ALLA FINE … DIO SARA’ TUTTO IN TUTTI”
Grazia Gaspari

Non si può certo dire che questo Papa non sia un uomo del fare. Titolai il mio primo articolo su di lui: “Le cannonate di Francesco” , ebbi una buona intuizione. Solo in questo fine e inizio settimana si è cimentato con la questione del conflitto in Siria e l’intervento americano, l’apertura dei conventi vuoti ai rifugiati, la rottamazione del concetto di “povero”, l’apertura del dialogo con i non credenti mediante la lettera a Scalfari.
E veniamo in primis, all’ultima iniziativa, la lettera. Domande e risposte per essere trattate a dovere richiederebbero più spazio,  ma lo spazio è tiranno. Cercherò nei limiti delle mie possibilità di essere sintetica.
Una cosa va innanzitutto notata:  le domande di  Scalfari pur sincere,  sono elegantemente una più cattiva dell’altra, ricche di tranelli, imboscate e insidie intellettuali e consiglio di leggerle rappresentano pur sempre uno scontro tra "titani".
A Papa Francesco, da buon gesuita,  non  deve essere dispiaciuto di cimentarsi con un intellettuale illuminista e illuminato.  E non tanto per mostrare la raffinata logica  di un Ordine che fa della conoscenza e del sapere il perno centrale su cui poggiare la dottrina (si dice che la maggior offesa per loro  sia quella di essere degli incompetenti),  ma come occasione per aprire un dialogo.  “Mi pare dunque sia senz’altro positivo, non solo per noi singolarmente ma anche per la società in cui viviamo – scrive Papa Francesco -  soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù. Penso vi siano, in particolare, due circostanze che rendono oggi doveroso e prezioso questo dialogo .....
La prima circostanza – come si richiama nelle pagine iniziali dell’Enciclica - deriva dal fatto che, lungo i secoli della modernità, si è  assistito a un paradosso: la fede cristiana, la cui novità e incidenza sulla vita dell’uomo sin dall’inizio sono state espresse proprio attraverso il simbolo della luce, è stata spesso bollata come il buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione. Così tra la Chiesa e la cultura d’ispirazione cristiana, da una parte, e la cultura moderna d’impronta illuminista, dall’altra, si è giunti all’incomunicabilità. È venuto ormai il tempo, e il Vaticano II ne ha inaugurato appunto la stagione, di un dialogo aperto e senza preconcetti che riapra le porte per un serio e fecondo incontro”.
Già nella premessa si  sottolinea che lo spirito che anima da parte Sua il dialogo non è quello della contrapposizione ma   “dell’amore …” perché  “la fede non è intransigente, ma cresce nella convivenza che rispetta l’altro. Il credente non è arrogante; al contrario, la verità lo fa umile, sapendo che, più che possederla noi, è essa che ci abbraccia e ci possiede. Lungi dall’irrigidirci, la sicurezza della fede ci mette in cammino, e rende possibile la testimonianza e il dialogo con tutti”.
Ecco qui un primo concetto forte: il fedele è umile, deve essere umile,  perché percependo l’infinità del potere divino non può che inchinarsi davanti a tale potenza.  Mediamente il fedele, al pari dell’intellettuale laico, non è mai stato umile, anzi la convinzione che la propria fede sia la migliore lo ha trasformato in “Caino”  diventando così lui stesso artefice di guerre di religione, sopraffazioni, soprusi ….. fino al terrorismo.
E spostiamoci ad un’altra parte forte della lettera.
“Vengo così alle tre domande che mi pone nell’articolo del 7 agosto. Mi pare che, nelle prime due, ciò che Le sta a cuore è capire l’atteggiamento della Chiesa verso chi non condivide la fede in Gesù. Innanzi tutto, mi chiede se il Dio dei cristiani perdona chi non crede e non cerca la fede. Premesso che – ed è la cosa fondamentale – la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito, la questione per chi non crede in Dio sta nell’obbedire alla propria coscienza. Il peccato, anche per chi non ha la fede, c’è quando si va contro la coscienza. Ascoltare e obbedire ad essa significa, infatti, decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire.
In secondo luogo, mi chiede se il pensiero secondo il quale non esiste alcun assoluto e quindi neppure una verità assoluta, ma solo una serie di verità relative e soggettive, sia un errore o un peccato. Per cominciare, io non parlerei, nemmeno per chi crede, di verità “assoluta”, nel senso che assoluto è ciò che è slegato, ciò che è privo di ogni relazione.
Ora, la verità, secondo la fede cristiana, è l’amore di Dio per noi in Gesù Cristo. Dunque, la verità è una relazione! Tant’è vero che anche ciascuno di noi la coglie, la verità, e la esprime a partire da sé: dalla sua storia e cultura, dalla situazione in cui vive, ecc. Ciò non significa che la verità sia variabile e soggettiva, tutt’altro. Ma significa che essa si dà a noi sempre e solo come un cammino e una vita.
Non ha detto forse Gesù stesso: “Io sono la via, la verità, la vita”? In altri termini, la verità essendo in definitiva tutt’uno con l’amore, richiede l’umiltà e l’apertura per essere cercata, accolta ed espressa. Dunque, bisogna intendersi bene sui termini e, forse, per uscire dalle strettoie di una contrapposizione… assoluta, reimpostare in profondità la questione. Penso che questo sia oggi assolutamente necessario per intavolare quel dialogo sereno e costruttivo che auspicavo all’inizio di questo mio dire.
Nell’ultima domanda mi chiede se, con la scomparsa dell’uomo sulla terra, scomparirà anche il pensiero capace di pensare Dio. Certo, la grandezza dell’uomo sta nel poter pensare Dio. E cioè nel poter vivere un rapporto consapevole e responsabile con Lui. Ma il rapporto è tra due realtà. Dio – questo è il mio pensiero e questa la mia esperienza, ma quanti, ieri e oggi, li condividono! – non è un’idea, sia pure altissima, frutto del pensiero dell’uomo. Dio è realtà con la “R” maiuscola. Gesù ce lo rivela – e vive il rapporto con Lui – come un Padre di bontà e misericordia infinita. Dio non dipende, dunque, dal nostro pensiero.
Del resto, anche quando venisse a finire la vita dell’uomo sulla terra – e per la fede cristiana, in ogni caso, questo mondo così come lo conosciamo è destinato a venir meno –  l’uomo non terminerà di esistere e, in un modo che non sappiamo, anche l’universo creato con lui.
La Scrittura parla di “cieli nuovi e terra nuova” e afferma che, alla fine, nel dove e nel quando  che è al di là di noi, ma verso il quale, nella fede, tendiamo con desiderio e attesa,  Dio sarà “tutto in tutti”.
Infine,  La lettera si staglia sullo sfondo di altre due potenti iniziative: la visita al centro gesuita per rifugiati di Via Astalli a Roma e la giornata di digiuno e di preghiera in San Pietro per la pace in Siria e nel mondo.

Il discorso di via Astalli pronunciato davanti a sacerdoti, rifugiati, volontari è stato superbo. Due i concetti rivoluzionari affrontati da Francesco:   “i conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati”  e …  ai ben pensanti che amano la “spiritualità mondana”:  “la carità che lascia il povero così com’è non è sufficiente.  Non basta dare un panino se non è accompagnato dalla possibilità di imparare a camminare con le proprie gambe”
L’iniziativa della giornata di digiuno e preghiera in San Pietro è stata ampiamente trattata dai media. Una sola notazione: Se le parole non cuociono il riso, forse le preghiere sì dal momento che il conflitto Siria-Usa sulle armi chimiche sta prendendo una piega insperata se è vero che Siria, Russia e Usa sono al lavoro per l'eliminazione delle armi chimiche. 
Questo papa conferma in questa vicenda quella che sembra la vocazione principale del suo pontificato: aprire canali di comunicazione tra sensibilità e culture diverse per capirsi ed evitare anatemi e rotture che cristallizano ed impediscono osmosi importanti tra i rispettivi mondi. Non si può che condividere questo spirito e questo comportamento perchè tutti, quale che sia il nostro punto di vista, vediamo che nei conflitti inconciliabili il mondo affonda e le cose vanno sempre peggio.
A conclusione possiamo dire che ciascuno ha avuto il suo: Scalfari,  gli auguriamo fra cent’anni,  morirà felice e orgoglioso di se stesso, gli ha scritto anche un Papa! Marchiato nell’orgoglio. I conventi vuoti non erano mai stati toccati da provvedimenti  evangelici. Marchiati nella dottrina.   I protagonisti del G20, da Putin ad Obama, dall’Onu ad Assad  forse ogni volta che penseranno ad interventi militari non potranno fare a meno di chiedersi  se si stanno trasformando in Caino.  Marchiati  nell’etica.


















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