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01 febbraio 2009
Diritti Civili. Che fine faranno i sei figli dell'immigrato senegalese ucciso dal poliziotto italiano?
di Grazia Gaspari
Un brutto fatto di cronaca, la morte di un immigrato senegalese di 42 anni Diouf Behari Chehari, ammazzato da un ispettore di polizia. Il fatto è accaduto ieri 31 gennaio 2009, in via Sposito, zona Campo dell’Oro, a Civitavecchia.
Dinamica e causa non sono chiare. Il senegalese viveva in Italia da quasi vent’anni e per sopravvivere vendeva borse al mercato. Abitava assieme a due cugini in una casupola accanto alla villa del poliziotto, con una famiglia numerosa da mantenere. Due mogli e sei figli rimasti in Africa che ricevevano ogni mese il denaro guadagnato dal padre. Rimarranno senza sostentamento. La foto che ho inserito è una foto famosa. Fu scattata da Kavin Carter in Sudan e mostra un bambino che sta morendo di fame con alle spalle un avvoltoio che attente il suo cibo.
Il poliziotto, Paolo Morra, 50 anni, un graduato di polizia già coinvolto nel 1995 in una sparatoria a Borgata Aurelia, era da due mesi in congedo per malattia.
Sono le 8,30 quando il poliziotto,viceresponsabile dell’ufficio immigrazione, imbraccia un fucile a pompa e spara due colpi. Uno raggiunge la gamba destra del senegalese e gli recide l’arteria femorale. Inutile ogni soccorso: l’uomo muore durante il trasporto all’ospedale San Paolo. A mettere le manette all’ispettore, viceresponsabile dell’Ufficio immigrazione, gli stessi colleghi del commissariato locale da lui avvertiti dell’accaduto.
La notizia ha scatenato le proteste dell’Associazione Funzionari di Polizia che chiede controlli periodici sui requisiti indispensabili a svolgere funzioni di polizia con il possesso di un’arma. E scatenato l’indignazione delle comunità straniere che ieri hanno organizzato un corteo di protesta a Roma.
La giustizia forse farà il suo corso, forse il poliziotto verrà condannato, forse no, forse non l’ha fatto apposta…. Sta di fatto che oltre all'immigrato senegalese sul campo rimangono altre 8 vittime: i suoi sei bambini e le sue due mogli. Chi manderà loro il denaro per vivere?
L’esistenza in Senegal è assai dura. Anni fa vi andai in vacanza. Paese molto bello, dalla flora rigogliosa: gli ibiscus sono sei volte più grandi di quelli che crescono da noi, ma anche dalla povertà rigogliosa. Abitavo in un cottage di un albergo francese per europei. C’erano anche diversi campi da tennis….Vicino ai campi da tennis gli scarichi dell’acqua dell’albergo. Vidi un bambino di circa 6 anni bere a quegli scarichi. Mi vergognai molto….
Non riesco a non pensare a quei sei bambini rimasti orfani. Si può fare qualcosa per loro? Si può evitare che facciano la fine del bambino della foto?
Collaboro con l’Acse, un’associazione dei missionari comboniani che si occupa di immigrati. Ha sede a Roma in via del Buon Consiglio 19 e sicuramente si attiverà. Ma cosa possiamo fare noi? Noi donne, noi madri, noi giornaliste? Troviamo idee, inventiamoci iniziative. Il Ministero dell’Interno non può lavarsene le mani.
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